NEWS TRAPIANTI


15 Febbraio 2021
NUOVO VACCINO ANTI-COVID


Il Comitato per i medicinali per uso umano (Chmp) dell'Ema ha avviato la revisione ciclica (rolling review) di CVnCoV, un vaccino anti-Covid-19 sviluppato da CUREVAC AG. Lo annuncia una nota dell'Aifa.

La revisione ciclica proseguirà fino a quando non saranno disponibili sufficienti prove a sostegno di una domanda formale di autorizzazione all'immissione in commercio. Al momento, l'azienda sta conducendo studi clinici sulle persone per valutare la sicurezza, l'immunogenicità (ossia la capacità di innescare una risposta contro il virus) e l'efficacia del vaccino contro la malattia. L'Ema esaminerà i dati provenienti da questi e da altri studi clinici nel momento in cui diventano disponibili. L'Ema valuterà anche se il vaccino rispetta gli usuali standard di efficacia, sicurezza e qualità farmaceutica. Sebbene non sia possibile prevedere la tempistica complessiva, la procedura dovrebbe essere più breve rispetto a quella ordinaria, grazie al lavoro già svolto durante la revisione ciclica. Come per gli altri vaccini, si prevede che CVnCoV predisponga l'organismo a difendersi contro l'infezione da Covid-19. Il virus Sars-CoV-2 si serve delle proteine presenti sulla sua superficie esterna, denominate proteine spike, per penetrare all'interno delle cellule umane e diffondere la malattia. CVnCoV contiene una molecola denominata Rna messaggero (mRna) che porta con sé le istruzioni per produrre la proteina spike. L'mRna è avvolto da piccole particelle grasse (lipidi) che ne impediscono la degradazione precoce. Una volta iniettato il vaccino, le cellule dell'organismo umano leggeranno le istruzioni dell'mRna e produrranno temporaneamente la proteina spike. Il sistema immunitario della persona vaccinata riconoscerà questa proteina come estranea e risponderà producendo le proprie difese naturali, ossia gli anticorpi e le cellule T. Qualora, in un momento successivo, la persona vaccinata dovesse entrare in contatto con Sars-CoV-2, il suo sistema immunitario riconoscerà la proteina e sarà pronto a combattere il virus. L'mRna del vaccino non resta nell'organismo ma si degrada poco dopo la vaccinazione.


14 Gennaio 2021
IL TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI CONTRO IL COVID-19
La rivista Stem Cell Translational Medicine, pubblica la ricerca di Camillo Ricordi all'Università di Miami (Florida)


Una nuova efficace cura per i pazienti affetti da Coronavirus, è stata sperimentata presso il Transplant Center dell'Università di Miami, da una equipe diretta dal Prof. Camillo Ricordi, già pioniere dei trapianti di cellule staminali nel pancreas. Si tratta di infusioni intravenose di staminali mesenchimali da cordone ombelicale (prelevato dopo un parto da un neonato sano) che grazie alle proprietà antinfiammatorie ed immunomodulanti delle staminali riducono la mortalità ed accelerano i tempi di recupero del paziente, ripristinando la sua normale riposta immunitaria.

La Fondazione "The Cure Alliance" che, da tempo, sostiene le ricerche del Prof. Ricordi, ha annunciato che il 100% dei 24 pazienti ricoverati in ospedale con grave sindrome respiratoria acuta da Covid-19, sono riusciti a salvarsi con il vantaggio dell'assenza di eventi avversi, legati all'infusione delle staminali, la cui facilità di reperibilità rende la cura poco costosa. Ora si passa ad una seconda fase con 100 pazienti coinvolti in vari centri sparsi in USA, Brasile, Italia, Argentina, Colombia e Cile, per poter sperimentare le sconosciute possibili varianti del virus. Poi, per la fase III, si creerà una banca di cellule mesenchimali già pronte in dosi crioconservate e pronte da distribuire.


13 Settembre 2020
DAPAGLIFLOZIN
UNA PIETRA MILIARE NELLA STORIA DELLA NEFROLOGIA


Questo nuovo farmaco, prodotto da Astra Zeneca, riduce il peggioramento della funzione renale e migliora la sopravvivenza per causa cardiovascolare (CV) o renale (p<0,0001) nei pazienti affetti da malattia renale cronica (CKD) di stadio2-4 e con elevata escrezione urinaria di albumina. I risultati si sono dimostrati coerenti nei pazienti con o senza diabete di Tipo 2(T2D). Così si è espresso Luca De Nicola professore ordinario di Nefrologia presso l'Università "Vanvitelli" di Napoli. Lo studio di questo farmaco rivoluzionario è stato interrotto nella Fase III in anticipo sui temi ordinari a seguito della valutazione di conclamata efficacia e sicurezza, come raccomandato dallo stesso Comitato Indipendente che valuta i dati dei nuovi farmaci. I nefrologi italiani auspicano di poter prescrivere quanto prima questi farmaci. La chetoacidosi diabetica non è stata riscontrata nel gruppo trattato con dapagliflozin rispetto al gruppo placebo.
Andrea Sermonti


30 Luglio 2020
LA SCOMPARSA IMPROVVISA DI "PINO" CANU - PRESIDENTE FORUM TRAPIANTI



Voglio Esprimere il Mio Personale Cordoglio e di Tutti I Componenti dell'Associazione che rappresento per la perdita dell'Amico e Presidente del Forum delle Associazioni Dei Trapianti #giuseppecanu. Era Veramente una Persona Eccezionale per Sensibilità e Determinazione nell'affrontare i Problemi...con lui soprattutto in questo ultimo periodo con l'emergenza Covid, ho potuto condividere idee e progetti che avremmo voluto portare avanti... Sono Veramente Affranto... Sicuramente Lui avrà il suo da fare anche in Cielo!!
ONORI ad un Grande Uomo!!
Il presidente Ato-Marche
Dr. Andrea Vecchi.


2 Aprile 2020
IL COVID-19 NON FERMA I TRAPIANTI. DAGLI OSPEDALI ITALIANI TANTE STORIE DI RINASCITA


La "macchina dei trapianti di organo" continua infatti la sua indispensabile corsa senza soste, nonostante l'emergenza in atto per fronteggiare il coronavirus. "In questo momento sono quasi nove mila le persone che aspettano un organo. Serve che i cittadini dicano sì alla donazione", spiega Massimo Cardillo, direttore del Centro nazionale trapianti in occasione della ventitreesima "Giornata nazionale della donazione e del trapianto di organi e tessuti" che si è celebrata domenica 19 aprile.
Sono tante le storie di trapianti avvenuti in questi giorni che ridonano speranza. Dal Policlinico di Milano, la storia di Giada (nome di fantasia), una bimba di dieci anni che ha affrontato diverse ore di viaggio per raggiungere il centro dove ha ricevuto un rene da un piccolo donatore. Giada ora sta bene ed è felice, perché la dialisi diventerà solo un brutto ricordo. E ringrazia i chirurghi dell'equipe di Mariano Ferraresso, direttore della Chirurgia generale - Trapianti di rene del Policlinico di Milano, dove nel pieno dell'emergenza coronavirus si sono comunque eseguiti sette trapianti di rene di cui tre su bambini e due da donatore vivente. Il tutto grazie anche al supporto dell'Unità di Nefrologia, Dialisi e Trapianto pediatrico del Policlinico diretta da Giovanni Montini, dove è stato realizzato un apposito percorso "coronavirus free".
Il Cardiocenter dell'Ospedale Niguarda di Milano, invece, ha appena trapiantato con successo un uomo di 51 anni, arrivato in condizioni gravissime all'Ospedale Niguarda da un altro ospedale.
"Si è trattato di un caso complesso, come purtroppo ne trattiamo molti - spiega Claudio Russo, direttore di Cardiochirurgia -. L'emergenza Covid 19 ha complicato il caso già difficile e probabilmente renderà impossibile tenere la media di interventi al cuore che si effettuano in questa unità, giunti ormai a 850 all'anno. Per questo, la fondazione De Gasperis si batte per sostenere quest'eccellenza italiana e ha appena avviato una raccolta fondi: https://www.degasperis.it/raccolta-fondi-covid-19-niguarda.html". Per sostenere la Giornata Nazionale di domenica, 150 i medici, infermieri, psicologi, biologi e operatori del 118 hanno prestato i loro volti alla campagna celebrativa. "Io faccio la mia parte, tu puoi fare la tua. "Dì sì alla donazione" è il messaggio che hanno scelto di sostenere con una foto in cui hanno in mano una penna che offrono simbolicamente agli italiani, chiedendo di firmare subito il tesserino del donatore scaricabile dal sito www.diamoilmegliodinoi.it. Tra gli operatori sanitari che hanno scelto di sostenere la campagna, promossa da Ministero della Salute, Centro nazionale trapianti, associazioni di settore e quest'anno sostenuta da Rai Responsabilità Sociale, ci sono alcuni dei medici e degli infermieri più coinvolti nell'emergenza coronavirus.


10 Marzo 2020
CORONAVIRUS, LE ARMI TERAPEUTICHE E LE STRATEGIE


Colpita per prima, la Cina ha elaborato varie linee guida . La seguente è l'ultima per il trattamento del Covid-19 con l'impiego di:
-1) Clorochina fosfato: il farmaco - ampiamente utilizzato da oltre 70 anni nella profilassi chemioterapica della malaria e in alcune malattie autoimmuni come il lupus eritematoso e l'artrite reumatoide - è stato impiegato nel trattamento di 285 pazienti gravemente malati di Covid-19 in un ospedale di Wuhan senza far rilevare finora evidenti reazioni avverse.
-2) Tocilizumab: anticorpo monoclonale umanizzato ad attività immunosoppressiva, impiegato principalmente nel trattamento dell'artrite reumatoide e dell'artrite idiopatica giovanile sistemica. Il farmaco è attivo contro il recettore dell'interleuchina-6 (Il-6), importante citochina coinvolta nella modulazione della risposta immunitaria di tipo infiammatorio. In effetti, i ricercatori cinesi hanno rilevato che una delle cause di morte nei pazienti gravi infettati dal coronavirus è una condizione di ipercitochinemia, con reazione eccessiva del sistema immunitario. La somministrazione non ha dunque un effetto diretto sul virus ma è un supporto importante per controllare il processo infiammatorio che consegue all'infezione grave. Il farmaco è in fase di sperimentazione clinica in 14 ospedali di Wuhan . (P.S. off-label, è ora usato in vari centri italiani: Milano, Bergamo, Fano e Napoli, dove si è rivelato efficace nel trattamento della polmonite interstiziale causata dal virus.)
-3) Plasma di pazienti guariti: ha il vantaggio di contenere un'alta concentrazione di anticorpi protettivi. A fine febbraio, 245 pazienti con Covid-19 hanno ricevuto la terapia e in 91 casi sono migliorati gli indicatori clinici e dei sintomi.
-4) Medicina tradizionale cinese: ampio risalto è dato al "Qingfei Paidutang" (letteralmente: decotto che purifica il polmone e ne elimina le tossine) a base di erbe, radici e rizomi; secondo gli esperti locali, si è dimostrato efficace, alleviando i sintomi della febbre o della tosse in pazienti con forme lievi. Nei soggetti contagiati in modo più grave, ha contribuito a ridurre la severità dei sintomi e a ripristinare la saturazione dell'ossigeno nel sangue, prevenendo il deterioramento critico della condizione.
-5) Farmaci antiretrovirali: il favipiravir, antiretrovirale ad ampio spettro normalmente usato per l'influenza di tipo A e B, è stato inserito in uno studio clinico parallelo controllato a Shenzhen, mostrando un'efficacia relativamente evidente e basse reazioni avverse basse. Il remdesivir, sviluppato contro le infezioni da Ebola (un virus che condivide alcuni aspetti biologici con Covid-19) e attivo contro diversi virus a Rna (inclusi i coronavirus) sembra più promettente e ha già dimostrato a livello cellulare un'attività antivirale piuttosto buona contro il nuovo coronavirus di Wuhan.
-6) Cellule staminali: soluzioni a base di staminali (mesenchimali, polmonari ed embrionali), iniettate nei polmoni, sono in grado di frenare l'eccessiva risposta del sistema immunitario e sono state già impiegate nel trattamento di pazienti gravi, quattro dei quali sono guariti.
- Farmaci autorizzati in Cina: fin dalle prime convulse fasi dell'infezione, è stato autorizzato l'impiego di antiretrovirali già usati per altre malattie, come gli inibitori delle proteasi ritonavir e lapinavir da soli (già usati per la Sars) o in associazione con interferone-alfa ('cocktail' utilizzato con successo contro l'Aids). In modo analogo, è stata autorizzata la combinazione di ribavirina (che inibisce la sintesi di Rna) con emtricitabina e tenofovir alafenamide fumarato, inibitori della trascrittasi inversa, molto efficaci contro il virus dell'Hiv. Alcuni ricercatori pensano andrebbe evitata la somministrazione di farmaci attivi su altri virus, il cui bersaglio ha però una scarsa rilevanza nel Covid-19, come per esempio la trascrittasi inversa, sostenendo che il coronavirus non è particolarmente suscettibile a questi bersagli farmacologici.
- Sperimentazioni in corso nel resto del mondo: In ogni caso, sono in corso studi clinici con gli antinfluenzali baloxavir marboxil, oseltamivir e umifenovir per i quali si attende un responso di efficacia per maggio. Gli stessi scienziati ritengono che si dovrebbero usare farmaci ad ampio spettro di attività e con lievi effetti collaterali, per avere più possibilità di intercettare qualche processo importante della replicazione del virus. In quest'ottica sono stati sperimentati vari farmaci: dai più consolidati, come la clorochina ("classico" antimalarico), ai più innovativi, quali: camostat mesilato (inibitore della serin proteasi, usato in Giappone nelle pancreatiti), baricitinib e ruloxitinib (inibitori della janus chinasi [sottotipi Jak1 e Jak2] usati rispettivamente per il trattamento dell'artrite reumatoide e della mielofibrosi), saquinavir e indinavir (inibitori delle proteasi, inclusi nella terapia Haart [terapia antiretrovirale altamente attiva] anti-Hiv), carilzomib (inibitore del proteasoma impiegato nel mieloma multiplo), oltre a farmaci contro le infezioni da virus respiratorio sinciziale, antipsicotici e immunosoppressivi.
- Robot intelligenti per la disinfezione: da sottolineare, infine, l'uso in Cina di specifici apparecchi, progettati e realizzati nel giro di una settimana dalla più grande multinazionale europea di produzione industriale. Nati dal bisogno negli ospedali di liberare il personale dalla necessità di disinfettare le aree ad alto rischio, questi robot, dotati di motore elettrico, si muovono autonomamente o teleguidati, sotto costante telecontrollo. Alimentati da una batteria al litio, ognuno di essi è cablato su telaio a cingoli anziché a ruote per migliorare la capacità di superare ostacoli e arrampicarsi su dislivelli ed è provvisto di un doppio cannoncino vaporizzatore che può disinfettare da 20.000 a 36.000 metri quadrati in un'ora. Una telecamera omnidirezionale nella parte superiore trasmette video e informazioni in tempo reale, insieme a un algoritmo di visione intelligente che consente all'operatore di localizzare da remoto le aree interessate e prevenire la diffusione di malattie infettive. Studiati per l'emergenza, questi apparecchi saranno presto disponibili negli ospedali in prima linea per contenere la diffusione di virus. Inoltre, più apparecchi verranno consegnati a scuole, uffici, siti di produzione e altri luoghi pubblici per supportare la ripresa del lavoro e della produzione.

Arturo Zenorini


13 Febbraio 2020
TRAPIANTO DI CELLULE
UNA NUOVA TERAPIA CON CELLULE CAR-NK PER LEUCEMIA E LINFOMA


Le cellule CAR-NK (natural killer) anti-CD19 derivate dal sangue del cordone ombelicale hanno prodotto un tasso di risposta oggettiva del 73% in 11 pazienti con tumori linfoidi con una sola dose di terapia, senza il verificarsi di sindrome da rilascio di citochine o di neurotossicità. Questo è quanto riferisce uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine. «I risultati della sperimentazione clinica sono incoraggianti e verranno avviati ulteriori studi per valutare le cellule CAR-NK, derivate dal sangue di cordone ombelicale allogenico (DONATORE DIVERSO DA RICEVENTE),come potenziale opzione di trattamento» ha dichiarato Katayoun Rezvani, della University of Texas MD Anderson Cancer Center, autrice senior dello studio. Anche le cellule CAR-T avevano già mostrato risultati notevoli nei pazienti ma, purtroppo, hanno effetti avversi significativi e il loro processo di produzione è complesso e può richiedere diverse settimane. Ora,i ricercatori, basandosi su alcuni precedenti studi su animali, hanno ritenuto che le cellule CAR-NK anti-CD19 potevano superare questi problemi e rendere il trattamento più accessibile a un maggior numero di pazienti.
Il ciclo di trattamento consisteva in una singola infusione di una su tre diverse dosi, ovvero 105, 106 o 107 cellule CAR-NK per kg. di peso corporeo. Non è stata raggiunta la dose massima tollerata, e le cellule sono state trasdotte con un vettore retrovirale come interruttore di sicurezza. Prima di ricevere l'infusione, gli 11 pazienti studiati, con età media di 60 anni e una mediana di quattro precedenti linee di terapia, hanno ricevuto una chemioterapia con fludarabina e ciclofosfamide. Ebbene, i risultati preliminari su questi 11 pazienti, di cui cinque con leucemia linfatica cronica e sei con linfoma non Hodgkin, hanno mostrato un tasso di risposta oggettiva del 73%, cioè 7 su 11 pazienti hanno raggiunto la remissione completa alla mediana di 13,8 mesi di follow-up. Nessuno dei pazienti ha manifestato sintomi correlati a rilascio di citochine, neurotossicità, linfoistiocitosi emofagocitica o malattia graft versus host. Tutte le risposte sono state raggiunte entro 30 giorni, indipendentemente dal livello di dose. «Abbiamo dimostrato che è possibile produrre più di 100 dosi di cellule CAR-NK da una singola unità sanguigna del cordone ombelicale. Questa capacità, insieme a requisiti di abbinamento HLA apparentemente di compatibilità minima tra il donatore di cellule CAR-NK ed il paziente, può spianare la strada a un prodotto che potrebbe aumentare l'accessibilità al trattamento per molti più pazienti» concludono gli autori.


8 Gennaio 2020
UN NUOVO DISPOSITIVO PERMETTE LA CREAZIONE DI FISTOLE ARTERIO VENOSE EVITANDO LA CHIRURGIA


Secondo uno studio pubblicato sul Journal of Vascular Access, nei pazienti che necessitano di emodialisi, un dispositivo di recente introduzione permette la creazione di fistole arterovenose endovascolari prossimali dell'arteria radiale per l'accesso vascolare che rimangono altamente funzionali a due anni di distanza dalla formazione. «Questa fistola arterovenosa offre i benefici della normale fistola radiale prossimale aggiungendo il vantaggio di evitare una procedura chirurgica>. Può essere creata in sicurezza, funziona bene, e i pazienti ne sono molto soddisfatti. Abbiamo quindi voluto valutarne il tasso di pervietà a due anni» spiega Gerald Beathard, della University of Texas Medical Branch di Galveston, primo autore dello studio.

I ricercatori hanno esaminato una coorte di 105 casi di fistole arterovenose endovascolari estraendo i dati da cartelle elettroniche, e hanno scoperto che nel 98% dei casi con il dispositivo si è ottenuta una fistola arterovenosa fisiologicamente matura (flusso sanguigno ≥ 500 mL/minuto e diametro interno della vena target ≥ 4 mm). Nel 95% dei casi si è avuta una fistola arterovenosa clinicamente funzionale, in grado di supportare la dialisi a due aghi secondo la prescrizione di dialisi del paziente. In otto casi si è verificato un fallimento di accesso durante il periodo di studio. A 6, 12, 18 e 24 mesi, il tasso cumulativo di pervietà è stato rispettivamente del 97,1%, del 93,9%, del 93,9% e del 92,7%. Una valutazione del paziente post-procedura ha indicato un alto livello di soddisfazione, soprattutto legata al fatto di non dover subire un intervento chirurgico per creare un accesso, condizione che in genere scoraggia molte persone.

«La notevole differenza di durata tra le fistole endovascolari e quelle create chirurgicamente è sorprendente. La capacità di creare rapidamente e facilmente una fistola che durerà a lungo, senza traumi chirurgici o la necessità di ulteriori procedure, potrebbe rappresentare un progresso significativo nella cura dei pazienti in dialisi» conclude Beathard.


10 Novembre 2019
LINFOMA: YESCARTA NUOVA TERAPIA CAR-T


Dopo Kymriah, una seconda terapia Car-T concretamente disponibile in Italia. Aifa (Agenzia Italiana del farmaco) ha, infatti, ammesso la rimborsabilità di Axicabtagene ciloleucel (YESCARTA) per il trattamento per pazienti adulti con linfoma diffuso a grandi cellule B e con linfoma primitivo del mediastino a grandi cellule B. L'infusione sarà per l'AIFA inizialmente a costo zero ed il pagamento alla casa farmaceutica, Gilead Sciences, a 6, 9, 12 mesi solo nel caso di esito positivo del trattamento.

Lo annuncia Gilead Sciences sottolineando come la "rimborsabilità in Italia segue (con ritardo!) quella della US Food and Drug Administration del 18 ottobre 2017, e l'approvazione europea avvenuta il 28 agosto 2018". YESCARTA (Axicabtagene ciloleucel) è una terapia con recettore antigenico chimerico delle cellule T (Car-T, Chimeric Antigen Receptor T-cell) che utilizza il sistema immunitario del paziente per combattere alcuni tipi di tumori ematologici. La terapia ha dimostrato di poter indurre una risposta completa (nessun tumore rilevabile) in una percentuale di pazienti con DLBCL e PMBCL recidivato o refrattario, due forme aggressive di linfoma non Hodgkin.
«Si tratta di una strategia immunoterapica di ultimissima generazione: un farmaco vivente rappresentato dalle cellule stesse del paziente geneticamente modificate in laboratorio in modo da renderle capaci di riconoscere ed eliminare le cellule tumorali - ha dichiarato Paolo Corradini direttore della divisione di Ematologia, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori, Cattedra di Ematologia dell'Università degli Studi di Milano e presidente della Società italiana di Ematologia -. Ciò che è davvero rivoluzionario nel caso delle Car-T cell è che contrariamente a tanti nuovi farmaci, sono terapie che hanno l'intento di guarire. Esistono pazienti che non avevano alternative terapeutiche e che sono in remissione completa dopo 5 anni». «Siamo emozionati e orgogliosi che Axicabtagene ciloleucel sia rimborsata anche nel nostro Paese: questa importante innovazione rappresenta un'ulteriore speranza per pazienti e caregivers, che combattono con queste forme aggressive di neoplasie ematologiche finora prive di opzioni terapeutiche - ha dichiarato Valentino Confalone, vicepresidente Gilead Sciences Italia -. E' l'inizio di un percorso rivoluzionario per l'oncologia perché crediamo che la terapia cellulare diventerà un'importante opzione di trattamento anche per altri tipi di tumore, compresi quelli solidi».


5 Novembre 2019
TRAPIANTI, A ROMA GLI STATI GENERALI. DONAZIONI RADDOPPIATE A VENT'ANNI DA LEGGE NAZIONALE


Il mondo dei trapianti si ritrova a Roma per fare il punto sulle sfide del futuro e per celebrare i vent'anni di vita della Rete trapiantologica italiana, istituita nel 1999. Da allora "l'attività di donazione è praticamente raddoppiata (+94%); mentre i trapianti sono cresciuti del 58%. Nel 1998 le liste d'attesa includevano 13 mila pazienti, mentre ora sono meno di 9 mila, e complessivamente sono diminuiti i tempi medi di attesa per un trapianto: nel caso del rene, l'organo più trapiantato, oggi un paziente aspetta in media 24 mesi contro i 36 del 2002". A fare il punto è il Centro nazionale trapianti (Cnt), nato proprio dalla legge che nel 1999 diede il via libera alla Rete trapiantologica che ha uniformato il sistema fra tutte le Regioni italiane e creato il sistema informativo per poter registrare già in vita le dichiarazioni di volontà alla donazione.

Da mercoledì 6 a venerdì 8 novembre a Roma si terranno gli Stati generali dei trapianti, che riuniranno oltre 500 operatori del servizio sanitario nazionale in rappresentanza del Centro nazionale trapianti e di 19 coordinamenti regionali, 96 centri trapianto ospedalieri, 100 centri di trapianto di cellule staminali emopoietiche, 31 banche di tessuto e, per la prima volta, dei centri di procreazione medicalmente assistita accreditati dal Cnt. Da gennaio a ottobre 2019 sono stati realizzati 69 trapianti in più rispetto allo stesso periodo del 2018 e le dichiarazioni di volontà registrate sono oltre 6,5 milioni, di cui oltre 2 milioni raccolte solo negli ultimi 10 mesi. «In questo settore stiamo assistendo a una importante evoluzione dei processi, delle pratiche cliniche e degli assetti organizzativi - spiega il direttore del Cnt Massimo Cardillo - Gli Stati Generali coinvolgeranno tutti i professionisti della nostra rete con l'obiettivo di costruire strategie rinnovate per incentivare la donazione e per rispondere sempre meglio alle esigenze di cura di pazienti affetti da insufficienza d'organo terminale».


26 Ottobre 2019
BANCA DEL MICROBIOTA INTESTINALE, CONSENSUS MONDIALE PER REGOLARMENTARLA


Anche in Italia, ci sarà presto una banca del microbiota intestinale: Giovanni Cammarota, professore di Gastroenterologia all'Università Cattolica e medico dell'UOC di Medicina interna e Gastroenterologia del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, spera che sia possibile nel giro di un anno. Insieme ad Antonio Gasbarrini, ordinario di Gastroenterologia all'Università Cattolica e direttore del CEMAD (Centro di Malattie Digestive) della "Fondazione Gemelli", Cammarota ha convocato lo scorso giugno a Roma i maggiori esperti a livello mondiale per una Consensus Conference. «Il trapianto di feci - ricorda Cammarota - serve per il trattamento delle infezioni ricorrenti da clostridium difficile, che con la terapia antibiotica danno risultati nell'80-90% dei casi, ma poi il 20% di questi pazienti va incontro ad una ricorrenza e, dopo la prima, la probabilità di quelle successive si amplifica enormemente. L'infezione da clostridium difficile colpisce soprattutto pazienti ospedalizzati anziani, spesso con altre patologie, in cui c'è un rischio di complicanze severe.
Il trapianto di feci prelevate da un donatore sano e inserite nell'intestino del paziente comporta un trasferimento di microbiota e funziona laddove gli antibiotici falliscono».

In Italia, la modalità attuale per eseguire questa procedura comporta la ricerca di un donatore sano tra i familiari dei pazienti dopo che si è verificata l'infezione, ma richiede molto tempo perché ovviamente i donatori devono essere controllati per evitare la trasmissione di altre patologie.
«Si è dunque pensato di realizzare una banca del microbiota, una sovrastruttura centralizzata che arruola i donatori sani, li controlla, conserva il materiale da trapiantare in condizioni controllate e lo distribuisce quando un paziente ha bisogno di un trattamento, nello stesso ospedale oppure nel territorio. Questo sistema - spiega Cammarota - esiste già negli Stati Uniti e in alcuni Paesi europei; noi abbiamo un finanziamento e ci stiamo interfacciando con il Centro Nazionale Trapianti per metterlo in pratica, ma dal punto di vista normativo-burocratico è ancora veramente difficile».
Deve essere considerato un farmaco o un trapianto di tessuto? «Nel primo caso le difficoltà sarebbero difficilmente superabili in tempi brevi; solo equiparando il materiale fecale a un tessuto e seguendo le relative normative le cose si potranno sbloccare».

Nell'attesa, il Gemelli ,all'avanguardia in questa procedura, si è fatto carico di coordinarne la realizzazione secondo le linee guida internazionali. La scelta del donatore deve rispondere a criteri rigidi e uniformati :
1)il donatore deve essere sottoposto a visite anche periodiche se la donazione è ricorrente;
2) deve essere istituito un registro dei donatori in modo da prendere tempestive misure di sicurezza in caso di eventi avversi;
3) un campione non deve essere conservato per più di due anni;
4)occorre un monitoraggio dei pazienti trapiantati anche a lungo termine per consentire di intercettare eventuali eventi avversi nel tempo;
5) dovrà esserci una rete di centri autorizzati e accreditati».


27 Agosto 2019
TRAPIANTI; FIRMATO DECRETO SUL "SILENZIO ASSESNSO" ALLE DONAZIONI


Prosegue il percorso di approvazione del "silenzio assenso" alle donazioni, secondo il quale a essere esplicitato non dovrebbe essere l'assenso al prelievo quanto la contrarietà. E' stato, infatti, firmato il decreto del ministero della Salute contenente le norme del regolamento del Sistema informativo trapianti (Sit). «Dopo 20 anni, abbiamo finalmente sbloccato un passaggio fondamentale» ha commentato il ministro Giulia Grillo, prima di annunciare una nuova campagna informativa a sostegno della donazione. «Due decenni sono troppi per attuare una legge di civiltà di cui il Paese ha bisogno. Potranno così essere salvate molte più vite, ma per farlo i cittadini devono essere adeguatamente informati».
Se infatti nel 2018 sono stati 3.718 i trapianti effettuati, con 1.680 donatori, i numeri potrebbero essere migliorati con l'introduzione del "silenzio assenso" sulla donazione, previsto dalla legge del 1999 ma rimasto inattivo. Al momento del decesso, se non è stato dichiarato esplicitamente il consenso, spetta ai parenti decidere in merito alla donazione. «A volte per i familiari è una decisione difficile da prendere e in circa il 30% dei casi c'è un rifiuto», spiega Massimo Cardillo, direttore del Centro Nazionale Trapianti (Cnt).
«Mentre con il silenzio-assenso, nel momento in cui non si dichiara nulla, nessuno si può opporre». Un passaggio «importante», dunque, ma non ancora definitivo. Due gli obiettivi da realizzare: la realizzazione di un'Anagrafe nazionale degli assistiti ed un sistema di notifica che avverta gli assistiti in merito all'entrata in vigore della norma, per permettere di esprimere la contrarietà a chi volesse farlo. Cardillo concorda infine con la necessità di maggiore informazione espressa dal ministro: «La corretta informazione, infatti, è essenziale anche per evitare contrapposizioni con i famigliari. Tra le cose su cui serve migliorare la conoscenza, inoltre, vi è anche la situazione in cui è possibile donare gli organi cioè "quando il paziente muore in un reparto di rianimazione (per ictus o trauma cranico) e ne viene certificata, da un collegio di tre medici, l'assenza dell'attività cerebrale nell'arco di almeno 6 ore».
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LA POSIZIONE DELL'ATO MARCHE

L'Associazione ritiene che il trapianto di organi si giustifichi innanzitutto per un suo intrinseco valore spirituale quando è frutto di un atto volontario di donazione. Essa opera da sempre per la cultura del "non silenzio" e per una sempre più estesa diffusione del consenso esplicito a donare i propri organi. Le occasioni per informare il cittadini della potenzialità per ciascuno di essi di dichiararsi a favore della donazione degli organi e per riceverne da costoro la firma per il debito consenso sarebbero svariate nel corso della loro vita, se lo Stato lo volesse veramente, e nessuno potrebbe dirsi, quindi, ignaro.
Ad esempio: in occasione del rilascio/rinnovo di documenti di identità, tessere sanitarie, permessi di guida; ogni volta che si aprono schede mediche da parte di medici generici, specialisti, centri di cura, diagnosi ed analisi, ecc. ecc. Il fatto è che bisognerebbe parlarne ovunque e sempre almeno nei luoghi deputati alle cure mediche e non fare "silenzio", scommettendo su di esso facendo leva sulll'ignoranza o la noncuranza della massa per una delle tante leggi del paese.
Purtroppo, i trapianti e la donazione di organi, dai primi anni 70-80, stanno sempre più scadendo verso l'utilitarismo, sia pur statalizzato, anziché essere sempre un atto valoriale di una persona che oltrepassa il normale senso comune del rispetto e dell'intangibilità di un cadavere per un bene superiore di solidarietà e carità verso il prossimo, ben sapendo che la morte cerebrale, diagnosticata nelle rianimazioni, è un tempo convenzionale, il più accurato possibile per la scienza odierna, perché nessuno può sapere il vero momento della morte: essa si fa conoscere solo dopo che è arrivata.
ATO-Marche


31 Marzo 2019
TRAPIANTI, CNT DICHIARAZIONI DI VOLONTA' ALLA DONAZIONE HANNO SUPERATO I 5 MILIONI


«Il traguardo è stato tagliato grazie a una donna residente a Curtatone, in provincia di Mantova, che ha espresso la propria volontà al momento del rinnovo della carta d'identità elettronica il 22 marzo scorso». Lo comunica il Centro nazionale trapianti (Cnt). A oggi i Comuni che possono registrare le dichiarazioni di volontà sono 5.940. «Il comune con la più alta percentuale di residenti che al momento del rinnovo della carta d'identità hanno effettuato la dichiarazione è Lugnano in Teverina, in provincia di Terni: su 1453 abitanti ben 448 persone si sono espresse, il 30,8%. Tra le città con più di 100 mila abitanti il primato appartiene a Bologna, con il 13,4%. E' il progetto "Una scelta in Comune" (che permette di registrare la volontà con il rilascio del documento) a trainare la crescita esponenziale delle dichiarazioni - riporta la nota del Cnt - Dall'inizio del 2019 nel Sistema informativo trapianti del Cnt sono state inserite già oltre 560 mila dichiarazioni, in media più di 8 mila per ogni giorno lavorativo: un aumento del 12,6% in quasi tre mesi. Siamo passati dai 2,5 milioni di registrazioni del dicembre 2017 ai 5.000.000 di Marzo 2019. Sul totale dei cittadini che si sono espressi, i consensi alla donazione sono 4.003.533 (80%) mentre le opposizioni sono 1.003.491 (20%). La maggiore propensione a dire 'sì' alla donazione si riscontra tra i 30-45enni, equamente divisi tra donne e uomini. «Cinque milioni di dichiarazioni di volontà sono un numero importante ma quello su cui dobbiamo lavorare di più e meglio è aumentare i consensi alla donazione e ridurre il più possibile le opposizioni, specialmente nelle regioni del Sud dove le dichiarazioni negative sono sopra il 40% - osserva il direttore del Cnt, Massimo Cardillo - È necessario informare i cittadini sull'importanza della donazione, perché sono i donatori a rendere possibili i trapianti e a permettere di salvare migliaia di vite ogni anno. Il nostro è un sistema trasparente ed efficace di cui ci si può fidare: vogliamo comunicarlo di più agli italiani con la nostra campagna 'Diamo il meglio di noi', a partire dalla prossima Giornata nazionale della donazione di Domenica 14 aprile». «Per quanto riguarda invece il tasso di dichiarazioni positive più alto, è il piccolo comune di Proves (Bz) a segnare il record: ha detto 'sì' alla donazione il 100% dei 47 cittadini (su 267 abitanti) che hanno deciso di esprimersi all'anagrafe. Nei comuni di medie dimensioni a primeggiare è Taurianova (Rc) che tra i propri 15 mila abitanti ha registrato 1.293 consensi (99,9%) e una sola opposizione. Tra le grandi città invece è Bolzano la più generosa - conclude il Cnt - con il 98,8% di dichiarazioni positive.


28 Novembre 2018
TRAPIANTO FECALE, UN POTENZIALE AIUTO CONTRO LA COLITE LEGATA A IMMUNOTERAPIA


Un trapianto di batteri intestinali da donatori sani potrebbe trattare con successo i pazienti affetti da colite grave causata dal trattamento con inibitori del checkpoint immunitario (ICI), secondo uno studio condotto su due pazienti e pubblicato su Nature Medicine. «La risoluzione della colite in questi pazienti può essere confermata clinicamente ed endoscopicamente dopo il trattamento con il trapianto del microbiota fecale (FMT). Sulla base dei nostri risultati, questa soluzione dovrebbe essere valutata anche come terapia di prima linea per la colite associata a ICI perché è sicura, veloce e con effetto duraturo» afferma Yinghong Wang, dell'MD Anderson Cancer Center della University of Texas, primo autore del lavoro. La colite è il secondo effetto collaterale più comune da ICI, essendo presente in oltre il 40% dei pazienti, e quando si presenta in forma grave le linee guida richiedono che il paziente interrompa il trattamento con ICI fino a remissione. I ricercatori statunitensi hanno valutato il potenziale del trapianto fecale come terapia alternativa e compassionevole per i pazienti affetti da colite refrattaria o non responsiva associata all'ICI su due pazienti trattati presso l'MD Anderson Center che, a conti fatti, hanno ottenuto una risoluzione completa della colite dopo il trattamento con FMT.

In particolare, la colite del primo paziente si è risolta entro due settimane dopo un singolo trattamento FMT, mentre il secondo paziente ha avuto un recupero parziale dopo il primo trattamento, seguito da un recupero completo dopo un secondo FMT. Per mezzo della valutazione endoscopica prima e dopo il trattamento, entrambi i pazienti hanno mostrato miglioramenti significativi nell'infiammazione e nelle ulcerazioni, inclusa una riduzione delle cellule immunitarie infiammatorie. Le analisi delle feci pre- e post-trattamento hanno rivelato che i microbiomi intestinali dei pazienti erano più simili al donatore immediatamente dopo il trattamento, differenziandosi man mano col tempo. Tuttavia, i batteri dell'intestino post-trattamento sono rimasti diversi dal microbioma pre-trattamento, con la presenza di nuove specie batteriche, tra cui diverse specie note come protettive o in grado di ridurre l'infiammazione.


14 Settembre 2018
TRAPIANTI, ITALIA GENEROSA: CENTINAIA DI ORGANI AGLI OSPEDALI IN GRAN BRETAGNA E PORTOGALLO


Nel 2017, l'Italia ha "esportato" 528 organi destinati al trapianto (di contro, ne sono "entrati" soltanto 28).
Al computo degli organi inviati in altri Paesi - la maggior parte di questi arriva nei Centri specialistici dei Paesi Bassi, della Gran Bretagna e del Portogallo - sono gli "Uffici di Sanità Marittima, Aerea e di frontiera e dei Servizi territoriali per l'Assistenza Sanitaria al personale Navigante, marittimo e dell'aviazione civile" (USMAF-SASN).
Tra i compiti USMAF-SASN c'è, infatti, quello di autorizzare l'ingresso in Italia di organi provenienti dall'estero e, al tempo stesso, provvedere al controllo dell'export degli stessi.

Nonostante i dati appena enunciati ,a dimostrazione di una spiccata generosità, in Italia c'è sempre bisogno di organi.

Nel 2016,i trapianti eseguiti sono stati 3.417 (+13,9% sull'anno precedente) con una distribuzione, purtroppo, poco omogenea tra regione e regione.
Al primo posto è la Lombardia con 702 interventi pari al 20,5% dei trapianti. Più in dettaglio , di questi il 72,8% sono su pazienti territoriali mentre il 27,2% su soggetti da fuori regione.
Segue il Veneto con 488 interventi. Ma considerando i pazienti "extra regione", la realtà che ne opera di più è il Veneto con il 49,2% mentre solo il 50,8 % è territoriale.
Al terzo posto per numero d'interventi compare, poi, il Lazio con 383 trapianti.

LA SOPRAVVIVENZA POST TRAPIANTO
Tra le informazioni di particolare interesse vi è quella inerente il tasso di sopravvivenza: qual è, dunque, la percentuale dei pazienti che, a 5 anni dalla sala operatoria, sono ancora vivi? I numeri forniti dal Ministero della Salute includono tre tipi di trapianti - quelli a maggior diffusione - e cioè cuore, fegato e reni. Per una lettura statistica corretta occorre pertanto partire dai 35.529 interventi eseguiti tra il 2003 e il 2015 nelle varie regioni (Liguria, Umbria, Marche e Calabria non eseguono trapianti di cuore, quelli di fegato non si effettuano in Abruzzo,Umbria e Calabria).
La media nazionale in fatto di sopravvivenza a 5 anni è del 73,1% per chi è stato trapiantato di cuore; il 74,9% per chi ha ricevuto un nuovo fegato e del 92,3% per quanti hanno affrontato un intervento sul rene.
La regione con il tasso di sopravvivenza più alto nel trapianto di cuore è l'Emilia Romagna (quello più basso si registra in Abruzzo, 52%). Per il fegato, la migliore perfomance spetta alla Sardegna (82,7%) mentre la più bassa a Marche e Lazio (67,2%).
Infine l'Abruzzo: con una percentuale del 96,2 è la regione con il miglior risultato nei trapianti di rene.

PRODUTTIVITA' Il Ministero segnala come il fatto che una regione esegua più o meno trapianti non dipenda dal numero dei Centri specialistici ma dalla produttività dei medesimi.
È il caso dei trapianti di fegato in Piemonte-Valle d'Aosta: qui pur disponendo di una sola struttura per il fegato i trapianti sono oltre 130 l'anno.


04 Luglio 2018


Si è concluso a Barcellona il Congresso dell' ESHRE (la Società Europea di Riproduzione Umana ed Embriologia) ove è stata presentata la possibilità di realizzare un ovaio artificiale da parte di ricercatori del RIgohospitalet di Copenhagen. La coordinatrice, Susanne Pors, ha mostrato che le strutture che contengono gli ovociti immaturi (follicoli) possono essere isolate e fatte crescere su uno scaffold ,sorta di impalcatura costituita da tessuto ovarico da cui sono state eliminate tutte le cellule (incluse le eventuali tumorali). Si è formato così in vitro un ambiente analogo ad un ovaio, all'interno del quale i follicoli hanno proseguito la loro attività, consentendo la formazione di nuove cellule. Questo "ovaio artificiale" è stato poi impiantato su un topo ed ha continuato a funzionare. I tests sugli umani, ha detto la Pors, cominceranno fra qualche anno.


01 Luglio 2018
TRAPIANTO DI UTERO


E' nato al sant'Orsola di Bologna il bambino partorito da una donna che si era in precedenza sottoposta a trapianto di utero: primo ed unico caso al mondo di donazione da una sorella gemella omozigote. La donatrice era già madre di 3 figli, mentre la ricevente era nata senza utero. Il DNA identico delle due donne ha eliminato la necessità della terapia immunosoppressiva. Quello dell?utero è un tipo di trapianto particolare (da cadavere e da vivente), percorribile solo negli ultimissimi anni. Se il trapianto da cadavere non pone particolari problemi etici, quello della donna italiana invece è eticamente sensibile, essendosi la donna privata di un organo unico, rinunciando definitivamente a maternità future. La donazione da vivente è consentita dalla legge italiana per gli organi doppi o singoli ma parziali, perché rigenerantesi.
Si attende di sapere come sia stato possibile superare il problema etico posto dalla legge italiana.


30 Giugno 2018
SCLEROSI MULTIPLA - 3 PAZIENTI TRAPIANTATI CON CELLULE NEURALI


Per la prima volta è stato completato un trapianto di cellule staminali cerebrali umane sui primi tre pazienti.
Questa sperimentazione clinica di fase I sulla sclerosi multipla secondaria progressiva è stata avviata dall'Associazione Revert Onlus e l'Irccs Casa Sollievo della Sofferenza, in collaborazione con la Fondazione cellule staminali di Terni, l'Azienda ospedaliera Santa Maria di Terni, lo Swiss Institute for Regenerative Medicine, l'Ospedale cantonale di Lugano e l'Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo, fondato da San Pio da Pietrelcina. L'annuncio è stato fatto a Roma in occasione dell'Assemblea nazionale della Pontificia Accademia per la Vita.
Il trapianto realizzato sul primo paziente è avvenuto attraverso l'iniezione di 5 milioni di cellule staminali nel ventricolo laterale cerebrale, cavità del sistema nervoso centrale contenente il liquido cefalorachidiano. In questo modo è favorita la diffusione delle cellule in tutto il sistema nervoso. Il trattamento, eseguito dal neurochirurgo Sandro Carletti, responsabile del Dipartimento di Neuroscienze dell'Ospedale Santa Maria di Terni, è avvenuto senza alcuna complicazione e non sono stati registrati eventi avversi imputabili alla procedura. L'ultimo dei tre pazienti è stato trapiantato il 13 giugno scorso. .
"Siamo orgogliosi dei risultati raggiunti in questa prima parte della sperimentazione, rileva Angelo Luigi Vescovi, direttore scientifico di Revert Onlus e dell'Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo, "I pazienti sono sotto controllo e stanno bene: non abbiamo rilevato alcuna evidenza di effetti collaterali. Quello intrapreso è un percorso lungo e complesso, ma la conclusione del trapianto sul primo gruppo di pazienti è un segnale positivo che rappresenta un nuovo traguardo per la ricerca scientifica italiana verso la cura delle malattie neurodegenerative. Per quanto si tratti di una sperimentazione di fase I, abbiamo costruito il disegno sperimentale in modo da avere qualche probabilità di potere evincere eventuali effetti terapeutici".
L'équipe di clinici e ricercatori è ora in attesa che il comitato scientifico indipendente si riunisca per valutare i risultati della prima parte della sperimentazione e ottenere così l'autorizzazione a procedere nei prossimi mesi con il trapianto di cellule staminali celebrali sui prossimi 15 pazienti,divisi in gruppi e di età tra i 18 e 60 anni. Il dosaggio cellulare verrà progressivamente aumentato nei gruppi successivi per permettere la valutazione di eventuali effetti neurologici e terapeutici e completare il quadro di valutazione della prima fase di sperimentazione. Seguirà un periodo di monitoraggio per 5 anni. Questa sperimentazione consiste in un trial clinico multicentrico internazionale che vede il coinvolgimento di centri di competenza in tutta Italia e in Svizzera.


Agosto 2017
DA POCHI MESI DI VITA A SPERANZA DI GUARIGIONE


Va in questo senso anche uno studio pubblicato sulla rivista Journal of Clinical Oncology da ricercatori americani, che hanno testato questa strategia su 22 pazienti con una forma avanzata di linfoma, nella metà dei quali si è avuta una risposta completa al trattamento, ovvero la malattia è scomparsa. I partecipanti sono stati trattati con una terapia T-CAR mirata anti CD19, una proteina presente nella maggior parte delle cellule di linfomi e leucemie. Il loro sistema immunitario stato quindi potenziato in laboratorio con due armi: un recettore da mettere sulla superficie esterna (come una sorta di «rilevatore di nemici») in grado di riconoscere la proteina CD19; e un potente meccanismo posto all'interno del linfocita T, che lo stimola a espandersi e proliferare nel momento in cui si attacca alla proteina malata, dopo averla riconosciuta. A questo punto i linfociti T potenziati sono stati re-iniettati nel paziente ed erano in grado di cercare, trovare e distruggere le cellule cancerose. «Erano malati che non avevano più chance terapeutiche - conclude Corradini -, alcuni avevano fatto ben sette linee di trattamento precedenti, e oggi dopo un anno (in determinati casi 30 mesi) non hanno più segno della presenza del tumore. La cura si è dimostrata straordinariamente efficace, ma va gestita solo in centri di grande esperienza perché la grande potenza e velocità di azione dei linfociti T re-infusi può creare violente reazioni nell?organismo dei pazienti, che possono essere gestite, purché si abbiano medici con specifiche approfondite competenze».


Giugno 2017
VIA LIEBRA DELL'EMA AL TRAPIANTO DI CARTILAGINE DI TERZA GENERAZIONE


Il Comitato per i prodotti medicinali per uso umano (Chmp) dell'Agenzia europea del farmaco (Ema) ha dato opinione positiva su Spherox, creato per riparare alcuni difetti della cartilagine. Raccomandando l'autorizzazione all'immissione in commercio del prodotto, gli esperti Ema ricordano che l'opinione finale si è basata su una valutazione del Comitato per le terapie avanzate. Spherox è un prodotto di terza generazione per il trapianto in pazienti con problemi alla cartilagine di anca e ginocchio che, a differenza delle precedenti generazioni di prodotti simili, è formato da condrociti dello stesso paziente che non necessitano di alcun materiale di supporto. «La cartilagine è costituita dai condrociti e dalla matrice cellulare da essi prodotta» spiegano gli esperti, che poi aggiungono: «Il nuovo prodotto parte proprio dai condrociti del paziente che vengono coltivati in laboratorio per permettere la formazione di matrici sferoidali 3D che vengono poi inserite per via artroscopica nel ginocchio del paziente».
Con Spherox si arriva alla terza generazione di trapianti: quelli di prima generazione prevedevano il trapianto di condrociti autologhi in sospensione senza nessuna matrice, mentre quelli di seconda erano rappresentati da condrociti trapiantati assieme a diverse matrici che servivano da supporti. Il nuovo tipo di materiale per il trapianto è indicato nello specifico per "la riparazione di difetti sintomatici della cartilagine articolare del condilo femorale e della patella del ginocchio con difetti di dimensioni fino a 10 cm2 in pazienti adulti". Come si legge nel comunicato stampa, la decisione positiva si è basata su due studi clinici che hanno coinvolto in totale 177 pazienti di età compresa tra 18 e 50 anni e hanno dimostrato dopo l'uso di Spherox un miglioramento dei punteggio Koos che valuta dolore, impatto sulle attività della vita quotidiana, sport e altre attività del tempo libero e qualità della vita. Ipertrofia, artralgia e gonfiore sono alcuni degli effetti collaterali più comunemente osservati con questo trapianto. Ema News and Press Release


28 Aprile 2017
EPATITE C, AIFA: DISPONIBILE NUOVO FARMACO PER TUTTI I GENOTIPI : EPCLUSA


È di oggi la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della determina dell'Agenzia Italiana del Farmaco che autorizza l'ammissione alla rimborsabilità del medicinale Epclusa (che combina i principi attivi sofosbuvir e velpatasvir) e rende così disponibile all'interno del SSN un'ulteriore opzione terapeutica per il trattamento dei pazienti affetti da epatite C cronica.
L'accordo, che arriva dopo l'esito positivo della trattativa dell'Aifa con l'azienda produttrice Gilead Sciences, da un lato consente di abbattere i costi e dall'altro, grazie ai nuovi criteri di trattamento individuati e presentati da Aifa nelle scorse settimane, segna un passo particolarmente significativo nell'attuazionedel piano di eradicazione dell'epatite C. «Siamo soddisfatti dell'esito della trattativa. Epclusa va ad aggiungersi alle altre molecole già disponibili nel nostro paese per il trattamento dell'Epatite C - dichiara il Direttore Generale di Aifa, Mario Melazzini - questo significa che i pazienti italiani hanno adesso a disposizione tutti gli strumenti terapeutici esistenti sul mercato?.
L'ingresso sul mercato di nuove molecole innovative contribuisce all'ulteriore abbattimento dei costi dei farmaci attraverso la concorrenza, strumento indispensabile per avere un prezzo sempre più basso e ridurre i costi del Servizio Sanitario Nazionale.
Per la Gilead, presente in Italia dal 2000 e che ha una lunga storia di collaborazione proficua con il Ministero della Salute per l'eradicazione dell'Epatite C, Bob Roosjen, Direttore Generale Gilead Italia ,ha commentato : «A due anni dalla disponibilità del primo regime a base di sofosbuvir siamo molto orgogliosi di poter continuare a fornire anche in Italia strumenti terapeutici così efficaci per i pazienti che soffrono di epatite C. In questi due anni, oltre un milione di persone con epatite C sono state trattate nel mondo con le nostre terapie a base di sofosbuvir. L'accordo con AIFA rappresenta per Gilead un'ulteriore conferma, che ci incoraggia a continuare a investire nella ricerca e nello sviluppo di farmaci innovativi.

Rossella Gemma


8 Marzo 2017
EPATITE C: DEFINITI DALL'AIFA I NUOVI CRITERI DI TRATTAMENTO


L'Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) ha ridefinito le modalità di trattamento per la terapia dell'epatite C cronica. La gestione della terapia dei singoli pazienti da parte dei Centri prescrittori, individuati dalle Regioni, saranno monitorati dall'AIFA attraverso Registri di Monitoraggio. Con i criteri 10 e 11 vengono inserite rispettivamente anche i pazienti in dialisi con Epatite cronica o cirrosi epatica e quelli in attesa di trapianto di organo (non fegato) o di midollo con Epatite cronica

Questa la lista dei criteri:
Criterio 1: Pazienti con cirrosi in classe di Child A o B e/o con HCC con risposta completa a terapie resettive chirurgiche o loco-regionali non candidabili a trapianto epatico nei quali la malattia epatica sia determinante per la prognosi.
Criterio 2: Epatite ricorrente HCV-RNA positiva del fegato trapiantato in paziente stabile clinicamente e con livelli ottimali di immunosoppressione.
Criterio 3: Epatite cronica con gravi manifestazioni extra-epatiche HCV-correlate (sindrome crioglobulinemica con danno d'organo, sindromi linfoproliferative a cellule B, insufficienza renale).
Criterio 4: Epatite cronica con fibrosi METAVIR F3 (o corrispondente Ishack).
Criterio 5: In lista per trapianto di fegato con cirrosi MELD minore di 25 e/o con HCC all'interno dei criteri di Milano con la possibilità di una attesa in lista di almeno 2 mesi.
Criterio 6: Epatite cronica dopo trapianto di organo solido (non fegato) o di midollo in paziente stabile clinicamente e con livelli ottimali di immunosoppressione.
Criterio 7: Epatite cronica con fibrosi METAVIR F2 (o corrispondente Ishack) e/o comorbilità a rischio di progressione del danno epatico [coinfezione HBV, coinfezione HIV, malattie croniche di fegato non virali, diabete mellito in trattamento farmacologico, obesità (body mass index maggiore o uguale a 30 kg/m2), emoglobinopatie e coagulopatie congenite].
Criterio 8: Epatite cronica con fibrosi METAVIR F0-F1 (o corrispondente Ishack) e/o comorbilità a rischio di progressione del danno epatico [coinfezione HBV, coinfezione HIV, malattie croniche di fegato non virali, diabete mellito in trattamento farmacologico, obesità (body mass index maggiore o uguale a 30 kg/m2), emoglobinopatie e coagulopatie congenite].
Criterio 9: Operatori sanitari infetti.
Criterio 10: Epatite cronica o cirrosi epatica in paziente con insufficienza renale cronica in trattamento emodialitico.
Criterio 11: Epatite cronica nel paziente in lista d'attesa per trapianto di organo solido (non fegato) o di midollo.


27 Febbraio 2017
COLITE ULCEROSA: IL TRAPIANTO DI MICROBIOTA FECALE E' UNA PROMETTENTE OPZIONE TERAPEUTICA


Il trapianto da pluridonatore di microbiota fecale a dosaggio elevato, induce una significativa remissione clinica ed endoscopica nella colite ulcerosa attiva ed è associato a modifiche nella flora intestinale dei riceventi correlate con i risultati clinici ottenuti. «Nel trapianto fecale i batteri prelevati dalle feci di uno o più donatori sani sono trasferiti nell'intestino del paziente tramite colonscopia, endoscopia o clistere» afferma Thomas Borody, del Centro per le Malattie Digestive di Sydney, Australia, coautore di uno studio pubblicato su The Lancet, spiegando che l'idea di usare il trapianto fecale nasce da precedenti ricerche che avevano mostrato uno squilibrio nella flora intestinale dei pazienti con la malattia infiammatoria intestinale, le cui cause restano in gran parte sconosciute. «Il microbiota intestinale è dunque implicato nella patogenesi della colite ulcerosa, ma l'efficacia del trapianto di microbiota fecale è ancora incerta» scrivono gli autori, che partendo da questi presupposti hanno cercato di stabilire l'efficacia del trapianto ad alto dosaggio, da pluridonatore, in pazienti con colite ulcerosa in fase attiva.

«Abbiamo condotto uno studio multicentrico, in doppio cieco, randomizzato, controllato con placebo in tre ospedali australiani, randomizzando gli 85 pazienti con colite ulcerosa attiva al trapianto fecale , eseguendo successivamente l'analisi dell'Rna fecale per valutare le modifiche della flora microbica associate alla procedura» riprende Borody e spiegando che l'outcome primario era la remissione clinica, ottenuta nel 27% dei pazienti assegnati al trapianto microbiota fecale rispetto all'8% del gruppo placebo.

In un editoriale di commento Britta Siegmund, della Charité - Universitätsmedizin di Berlino, Germania, scrive: «Il trapianto di microbiota fecale è una promettente opzione terapeutica per la colite ulcerosa ma gli studi futuri dovrebbero concentrarsi sulla definizione del dosaggio ottimale e del ruolo della corrispondenza donatore-ricevente in base ai profili microbici».

The Lancet


Dicembre 2016
SE POSTO IN TRAPIANTATI PIU' GIOVANI, IL FEGATO INVECCHIA PIU' LENTAMENTE


L'invecchiamento del fegato rallenta se l'organo viene trapiantato in una persona più giovane del donatore, secondo i risultati di uno studio svolto dai ricercatori dell'Università di Bologna in collaborazione con i colleghi dell'Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma. Il fegato ha enormi proprietà rigenerative che consentono di asportarne fino al 70% in presenza di alcune malattie o di certi tumori, ma contrariamente ad altri organi può anche essere trapiantato indipendentemente dall'età di chi lo dona. E in questo studio, pubblicato su Aging Cell, la scoperta di nuovi marcatori di invecchiamento nel fegato umano apre nuove prospettive all'utilizzo di organi provenienti da donatori anziani.

«Abbiamo analizzato biopsie del fegato provenienti da donatori d'organo di età compresa tra 12 e 92 anni, campioni di sangue e biopsie da soggetti riceventi trapianto in cui la differenza di età con il donatore del fegato era particolarmente marcata» spiegano Miriam Capri e Claudio Franceschi del Dipartimento di medicina sperimentale diagnostica e specialistica dell'Università di Bologna. Lo studio ha portato alla luce, con un approccio molecolare e bioinformatico, nuovi marcatori di invecchiamento e l'incremento di alcune piccole molecole di RNA (microRNA)coinvolte nella regolazione dell'espressione genica.

«Questi risultati non solo rappresentano un importante passo in avanti nell'acquisizione di marcatori molecolari capaci di descrivere i processi di invecchiamento del fegato, ma aprono anche la strada a ulteriori filoni di ricerca nella valutazione dell'invecchiamento dell'organo e delle relative modifiche dell'espressione genica che possono contribuire al rischio dello sviluppo di tumori» aggiunge Gian Luca Grazi, direttore della Chirurgia epato-bilio-pancreatica dell'Istituto Tumori Regina Elena. Lo studio è stato condotto nell'ambito di un Progetto di ricerca di interesse nazionale (Prin) vinto dai ricercatori.

da Aging Cell. 2016.


11 Ottobre 2016
TRAPIANTI, DISPONIBILE IN ITALIA TERAPIA ANTI-RIGETTO "ONCE A DAY"


È disponibile in Italia un nuovo farmaco immunosoppressivo contro il rigetto post-trapianto di rene e fegato, a base di tacrolimus monoidrato, inibitore della calcineurina.
Lo rende noto Chiesi farmaceutici sottolineando come il farmaco "Envarsus" - compresse da assumere per via orale una volta al giorno -utilizzi la tecnologia MeltDose, che aumenta la biodisponibilità del principio attivo assicurando un rilascio continuo e prolungato nell'arco delle 24 ore. Esso è l'unico farmaco ad utilizzare la tecnologia di rilascio MeltDose, sviluppata da Veloxis Pharmaceuticals, Inc. (Cary, USA) e già commercializzato da Chiesi in 17 Paesi europei.
«La novità della terapia consiste nella sua formulazione che impiega una tecnologia di rilascio del principio attivo altamente innovativa, in grado di ridurre le dimensioni delle particelle di tacrolimus, consentendo così un assorbimento ottimale del principio attivo, ossia una minore variabilità nell'assorbimento rispetto alle altre terapie ad oggi disponibili» afferma Franco Citterio, Direttore dell'Unità trapianti di rene del Policlinico Gemelli di Roma. «La mono-somministrazione giornaliera per via orale facilita inoltre la gestione della terapia. Un vantaggio non indifferente se si pensa che la terapia antirigetto è "per tutta la vita"».
Dopo il trapianto, il sistema immunitario del paziente riconosce la diversità dell'organo trapiantato e può reagire attaccandolo (rigetto), compromettendone così la funzionalità, con conseguenze anche infauste per il paziente. Mantenere un livello adeguato di immunosoppressione è quindi fondamentale per prevenire il rigetto.
I passi avanti nella ricerca farmaceutica permettono oggi di garantire una più lunga sopravvivenza dell'organo trapiantato grazie a trattamenti altamente efficaci ed a modalità di assunzione semplificate.
ENVARSUS,a seguito della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del 22 febbraio 2016, è oggi prescrivibile in Italia in fascia A, rimborsabile.



15 Settembre 2016
DIABETE DI TIPO 1, NEGLI USA APPROVATO IL PRIMO PANCREAS ARTIFICIALE


Un peptide ad azione nefroprotettiva promette benefici nella nefropatia diabetica.
Il primo pancreas artificiale, una nuova soluzione tecnologica che promette di migliorare la qualità di vita delle persone con diabete, è stato approvato dalla Food and Drug Administration (Fda) degli Stati Uniti. Il sistema, realizzato da Medtronic, è adatto a pazienti dai 14 anni in su affetti da diabete di tipo 1 ed effettua un monitoraggio del glucosio nel sangue e somministra le dosi appropriate di insulina basale. Il dispositivo è definito "pancreas artificiale" perché regola sia i livelli di glicemia troppo alti che troppo bassi, ma è anche "ibrido" perché è il paziente che continua a gestire ed assumere l'insulina ai pasti. Il pancreas artificiale è composto da un microinfusore di insulina e un sistema di monitoraggio continuo della glicemia (Cgm) che con algoritmi avanzati, ovvero formule matematiche, all'interno del microinfusore di insulina calcolano quanta ne va somministrata in base alla lettura del Cgm, in modo completamente automatico. Sono già previsti passi ulteriori, che comporteranno una sempre maggiore automatizzazione. L'innovativo sistema è stato presentato nei giorni scorsi a Roma, in un evento organizzato da Medtronic, dove Francine Kaufman, la ricercatrice che per prima ha avuto l'intuizione di poter dar vita al pancreas artificiale, ha raccontato le tappe percorse finora e i risultati raggiunti.
L'approvazione da parte della Fda è avvenuta sulla base dei dati forniti da uno studio multicentrico condotto su 124 persone con diabete di tipo 1 arruolate in dieci centri, che hanno dimostrato la sicurezza del sistema e la sua efficacia nel ridurre la variabilità glicemica. I partecipanti hanno mantenuto più a lungo i livelli di glucosio all'interno del range di valori stabiliti, sono stati meno esposti a fenomeni di ipo o iper glicemia e hanno ottenuto una riduzione dei valori dell'emoglobina glicata rispetto al basale. Si è dunque evidenziata la possibilità di alleviare le persone con diabete dal peso della gestione della loro condizione, specie nelle ore notturne.



02 Settembre 2016
RIDUZIONE PLACCA ATEROSCLEROTICA, CON L'ANTICORPO MONOCLONALE "EVOLOCUMAB"


La disponibilità degli anticorpi monoclonali antiPCSK9 non offre solo l'opportunità di diminuire il colesterolo Ldl nella maggior parte dei pazienti che non trovano beneficio con le statine, ma sembra garantire una regressione delle placche ateroscletrotiche. È quanto emerge dallo studio GLAGOV (GLobal Assessment of Plaque ReGression with a PCSK9 AntibOdy as Measured by IntraVascular Ultrasound) un trial di fase III che prevedeva la misurazione diretta mediante ultrasonografia intravascolare delle placche coronariche in pazienti in terapia con evolocumab in aggiunta alle statine.Il farmaco funziona inibendo la proteina convertasi subtilisina/kexina tipo 9 (PCSK9), una proteina che causa la degradazione dei recettori Ldl e che quindi riduce la capacità del fegato di eliminare il colesterolo Ldl dal sangue. Legandosi alla proteina PCSK9, EVOLOCUMAB le impedisce di legarsi a sua volta ai recettori delle Ldl sulla membrana epatica. Come conseguenza si ha un aumento dei recettori delle Ldl disponibili sulle membrane delle cellule epatiche e quindi un aumento della capacità di rimuovere il colesterolo Ldl dal sangue. Lo studio GLAGOV si proponeva di verificare l'ipotes di ottenere un'ulteriore sensibile diminuzione dei livelli di colesterolo Ldl grazie all'aggiunta di EVOLOCUMAB alla terapia tollerata con le statine fosse in grado di determinare una diminuzione dopo 78 settimane su 968 pazienti. Amgen, l'azienda che ha messo a punto il nuovo anticorpo monoclonale, ha fatto sapere che i risultati sono stati pienamente raggiunti. "Siamo di fronte a una pietra miliare per la cura della aterosclerosi - afferma Sean E. Harper, Executive Vice President of Research and Development di Amgen. -.



09 Giugno 2016
TRAPIANTO DI ISOLE PANCREATICHE CONTRO IL DIABETE AL NIGUARDA DI MILANO : PRIMO CASO IN EUROPA


MILANO - Una tecnica nuova per trapiantare le isole pancreatiche, cioè le cellule del pancreas che producono insulina. Si tratta di un intervento che punta a curare il diabete di tipo I. Questo trattamento, che sfrutta un'impalcatura biotech, è stata appena messa in atto all'Ospedale Niguarda di Milano su un paziente di 41 anni, per quello che gli stessi esperti definiscono "il primo caso in Europa e il quarto al mondo". Il paziente sottoposto al trapianto a Niguarda ha 41 anni e convive con il diabete da quando ne aveva 11. Grazie ad una procedura in laparoscopia mini-invasiva gli sono state trapiantate da un donatore le cellule necessarie per la produzione di insulina (le cellule beta) che sono nelle isole pancreatiche, quelle che la malattia aveva messo fuori uso.
"Il trapianto è riuscito: il paziente sta bene", hanno fatto sapere gli specialisti.
L'intervento, condotto dagli specialisti della Chirurgia Generale e dei Trapianti, si basa su una nuova procedura sperimentale messa a punto dal Diabetes Research Institute,diretto dall'italiano Camillo Ricordi all'Università di Miami, dove sono stati seguiti i primi due casi al mondo. Essa consiste nell'iniettare le cellule pancreatiche di un donatore nell'omento (il tessuto che ricopre e protegge gli organi dell'addome) con la chirurgia videolaparoscopica.
Finora le cellule insulari venivano infuse nel fegato - racconta Luciano De Carlis, direttore della Chirurgia Generale e dei Trapianti del Niguarda - ma il successo era temporaneo perché molte cellule subivano una reazione infiammatoria in questo ambiente. La nuova tecnica punta a creare una specie di 'pancreas in miniatura' grazie all'ingegneria tissutale che crea una 'impalcatura biologica' ove si posizionano le cellule trapiantate.
L'impalcatura biodegradabile è fatta con una combinazione di plasma del paziente e trombina che diventa una sostanza gelatinosa che si attacca all'omento e trattiene le isole in sede. L'organismo assorbe gradualmente il gel lasciando le isole intatte, mentre si formano nuovi vasi sanguigni che forniscono ossigeno e altri nutrienti necessari per la sopravvivenza delle cellule. L'intervento avviene con una chirurgia minimamente invasiva e permette di rendere minima l'eventuale reazione infiammatoria prolungando la sopravvivenza delle cellule. Grazie a questa evoluzione, in futuro sarà possibile anche applicare microcapsule e altri dispositivi per ridurre la necessità della terapia immunosoppressiva".



15 Aprile 2016
Epatite C, revisione Ema su antivirali ad azione diretta.

Si raccomanda fin da subito ATTENZIONE SPECIALE per i pazienti con pregresso epatocarcinoma ma trattati con i nuovi antivirali per l'epatite C

L'Agenzia europea per i medicinali (Ema) ha iniziato una revisione degli antivirali ad azione diretta utilizzati per il trattamento dell'epatite C cronica e lo scopo della revisione è stato esteso per valutare il rischio di cancro al fegato associato all'utilizzo di questi farmaci, per quei pazienti che oltre all'epatite C avevano già avuto un tumore al fegato. Quest'ultima precisazione è fondamentale perché, come avverte Antonio Gasbarrini, docente di Gastroenterologia all'Università Cattolica di Roma, «si rischierebbe altrimenti di gettare nel panico le 40 mila persone con epatite C che abbiamo trattato in Italia con un grande successo clinico, perché questi farmaci sono un vero miracolo». Le preoccupazioni sono dunque sorte per una popolazione molto particolare di pazienti, quelli affetti sia da epatite C che avevano sviluppato cirrosi e poi tumore al fegato, come complicanza piuttosto frequente della malattia. Tutto è nato da uno studio pubblicato sul Journal of Hepatology da Jorge Bruix e i suoi colleghi del Barcelona clinic liver cancer (Bclc) group, i quali hanno preso in esame pazienti HCV trattati con i nuovi antivirali ma con storia di carcinoma epatocellulare nei quali si è visto una recidiva del tumore.
Gli esami registrativi dei nuovi farmaci erano sempre risultati "perfetti" essendo stati fatti su popolazioni con un'unica malattia, nel nostro caso l'epatite C o la cirrosi da virus C. Lo studio spagnolo è stato invece condotto su pazienti che, oltre al virus C avevano avuto un tumore al fegato. Bruix ha osservato che, rispetto chi non aveva assunto i nuovi farmaci, le recidive di tumore sono state superiori a quello che ci si aspettava: per questa ragione ha emesso un warning, giustamente raccolto dall'Agenzia europea dei medicinali».


27 Ottobre 2015
Trapianto fecale : servono con urgenza più centri e nuovi studi nella UE e in ITALIA.

Dato che il trapianto fecale è ormai fra i trattamenti preferiti nella cura delle infezioni gravi, servono studi di monitoraggio a lungo termine per fornire ai pazienti consigli che poggino su solide basi scientifiche, riporta il British Medical Journal. «Il microbiota intestinale svolge un ruolo fondamentale nel nostro sistema immunitario e il trapianto di materiale fecale da una persona all'altra è sempre più utilizzato per crollare infezioni gravi e pericolose per la vita come quelle da Clostridium difficile, che uccidono migliaia di persone all'anno» spiega Tim Spector del King's College di Londra coautore dello studio assieme ai ricercatori della University of California San Diego.
La procedura prevede la ricolonizzazione dell'intestino di un paziente mediante piccole capsule di feci liquide ( o microbi congelati ) con batteri provenienti da donatori sani allo scopo di rimpiazzare quelli distrutti dai prolungati trattamenti antibiotici. «Da studi precedenti emerge che la tecnica ha un tasso di successo dell'85% rispetto al 20% del consueto trattamento antibiotico» proseguono gli autori, ricordando che uno studio recente è stato addirittura interrotto anzitempo per la schiacciante superiorità del trapianto fecale con un tasso di successo del 90% in confronto al misero 26% degli antibiotici. Finora, dopo oltre 7.000 trapianti, pochi effetti collaterali sono stati segnalati, e nonostante i timori iniziali il trapianto fecale sembra relativamente sicuro anche nei pazienti anziani o in quelli con un sistema immunitario compromesso.

Oltre 500 centri statunitensi offrono ora il trapianto fecale, approvato anche dalla American Academy of Gastroenterology e dalla Società europea di microbiologia e malattie infettive. E mentre gli enti regolatori europei nicchiano, la britannica Medicines and Healthcare products Regulatory Agency (Mrha) ha temporaneamente autorizzato i trapianti fecali classificandoli come un medicinale. Ciononostante, a differenza degli Stati Uniti, il Regno Unito ha solo sette centri che offrono il trattamento. «Abbiamo urgente bisogno di più esperienza e di più centri, oltre che di un'adeguata selezione dei donatori» afferma Spector. E conclude: «In caso contrario i pazienti potenzialmente candidati al trapianto fecale potrebbero tentare di curarsi da soli con conseguenze imprevedibili».

N.B. In Italia il primo trapianto di microbiota fecale è stato eseguito a Maggio del 2013 all'Ospedale Sacco di Milano. Ma è ora di svegliarsi. Servono più centri specializzati. Stop alle cure scarsamente efficaci con grosse quantità di antibiotici per i soggetti ormai cronicizzati dal Clostridium difficile, i quali possono rischiare anche il Diabete 2, assumendo antibiotici in grosse quantità.


30 Luglio 2015
Diventare donatori: una scelta in Comune

Circolare interministeriale N. 2128 del 29 luglio 2015
Ministeri della Salute e dell'Interno


Quando il cittadino maggiorenne andrà all'anagrafe per richiedere o rinnovare la carta d'identità gli verrà anche chiesto il 'si'' o il 'no' alla donazione degli organi; tale assenso o dissenso verrà trasmesso telematicamente dall'impiegato dell'anagrafe, al Sistema informativo trapianti (SIT). La dichiarazione, può, a scelta del cittadino, essere trascritta anche nella carta di identità come prevede la legge 25/2010. Così, in caso di accertamento di morte cerebrale, dovunque ciò si verifichi sul territorio nazionale, il Centro Regionale Trapianti del luogo può immediatamente consultare il SIT e appurare se quella persona si era espressa favorevolmente o meno alla donazione degli organi. Se non c'è una volontà espressa, in base alla legge 91/99, la decisione spetta ai familiari.

Il graduale processo di attivazione della legge da parte degli 8.000 Comuni è previsto in un tempo di 24 mesi per modificare i programmi dei computers comunali e per formare il personale dei Comuni da parte del Centro Nazionale Trapianti (CNT). Poichè I costi sono a carico dei Comuni non si sa se i tempi saranno rispettati. Pertanto continua la campagna di diffusione delle tessere dell'Ato-Marche.



26 Giugno 2015
Donazione organi, sì del Garante alla dichiarazione su carta d'identità


Chi vuole potrà dire sì o no alla donazione di organi e far inserire la propria scelta sulla carta di identità al momento della richiesta o del rinnovo del documento presso il Comune. Il Garante della Privacy ha, infatti, offerto parere positivo allo schema di Linee guida che disciplina la facoltà di inserire consenso o diniego alla donazione di organi o di tessuti in caso di morte. Le Linee guida predisposte dal Ministero della salute e dal Ministero dell'interno - sottolinea il Garante nella newsletter periodica - indicano le modalità operative e organizzative per dare attuazione alla normativa che introduce questa nuova possibilità di manifestazione della volontà , rendendola pienamente conforme alla disciplina sulla protezione dei dati , correttamente raccolti e registrati.
Dire "sì" o "no" alla donazione di organi rappresenta una facoltà e non un obbligo e, solo su richiesta del cittadino, la dichiarazione potrà essere riportata anche sul documento d'identità, continua la nota del Garante. La dichiarazione sarà registrata dall'ufficiale dell'anagrafe insieme ai dati raccolti al momento della richiesta o del rinnovo del documento e inviata al Sistema informativo trapianti (Sit) per l'inserimento in un'unica banca dati, consultata 24 ore su 24 dai centri per i trapianti. Per modificare la propria volontà il cittadino potrà recarsi, in ogni momento, presso le aziende ospedaliere, le Asl, gli ambulatori dei medici di base, i Centri regionali per i trapianti o, in occasione del rinnovo della carta d'identità e presso i Comuni che - ha osservato il Garante - devono informare il cittadino della possibilità di modificare in qualsiasi momento la dichiarazione annotata sulla carta di identità .



2 Marzo 2015
Pubblicata la determina sulla rimborsabilità di Simeprevir (Olysio®)


E’ stata pubblicata la determina con la quale AIFA concede la rimborsabilità del farmaco simeprevir, il secondo dopo sofosbuvir (Sovaldi ) di una serie di super farmaci per la cura dell'epatite che, a differenza dei vecchi farmaci, colpiscono direttamente il virus .
Ora la carta vincente è quella di associare contemporaneamente Sofosbuvir e Simeprevir , cioè SOVALDI e OLYSIO . Questa associazione è in grado di ottenere risultati di efficacia alquanto elevati ( dal 93 al 100%) in pazienti con infezione da HCV di genotipo 1. Questa combinazione è già da tempo utilizzata negli Stati Uniti ed è stata autorizzata in Europa (EMA).
Purtroppo, in Italia ,l’AIFA insiste ancora solo sulla combinazione con Peg-interferone e Ribavirina Il nuovo farmaco Olysio, i n fascia A , deve essere prescritto, come del resto anche Sovaldi, solo da specialisti autorizzati dai centri scelti dalle Regioni. Nelle Marche i Centri di prescrizione ed i medici referenti sono:
CITTA' CENTRI REFERENTE
Ancona Ospedali Riuniti Ancona
Indirizzo: Via Conca, 71 - Torrette
Struttura: Centro di Gastroenterologia
Centralino: 0715961
Dr. F. Tarsetti
Dr. G. Fava
Dr. G. Tarantino
Dr. A. Di Sario
Dr. Svegliati
Ancona Ospedali Riuniti Ancona
Indirizzo: Via Conca, 71 - Torrette
Struttura: Centro di Malattie Infettive
C entralino: 0715961
Prof. A. Giacometti
Dott.ssa A. Riva
Dott.ssa A. P. Mataloni
Dr. D. Drenaggi
Dr. A. Fiorentini
Ascoli Piceno Ospedale C. e G. Mazzoni
Indirizzo: Quartiere Monticelli
Struttura: U.O. Malattie Infettive
Centralino: 07363581
Dott.ssa S. Petroni
Dott.ssa G. D'Amato
Dr. P. Vittucci
Fermo Ospedale Murri
Indirizzo: Via Augusto Murri, 189
Struttura: U.O. Malattie Infettive
Centralino: 0734625111
Dr. G. Amadio
Dr. A. Licci
Dott.ssa F. Fiquini
Dott.ssa F. Mecozzi
Dott.ssa M. Fortuna
Macerata Ospedale Generale Provinciale
Indirizzo: Via Santa Lucia
Struttura: Ambulatorio Epatologico
Ambulatorio: 07332572838
Centralino: 07332571
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Pesaro Presidio San Salvatore Muraglia
Indirizzo: Via Lombroso
Struttura: U.O.C. Malattie Infettive
Centralino: 07213611
Dr. E. Petrelli
Dott.ssa L. Stoppini
Dott.ssa B. Canovari
Dott.ssa M. Balducci
Senigallia (AN) Ospedale di Senigalia
Indirizzo: Via Cellini, 1
Struttura: U.O. di Gastroenterologia
Ambulatorio: 07179092121
Centralino: 07179091
Dr. E. Brunelli
Dr. F. Ridolfi
Dott.ssa A. Lidia Iasci
Dott.ssa C. Podeschini
Dott.ssa M. Mangone


27 Febbraio 2015
Dalle staminali un'alternativa al trapianto di cornea


Holoclar® è il primo farmaco a base di cellule staminali limbari, autologhe, expanse ex vivo , autorizzato in Europa. E' una terapia cellulare avanzata in grado di rigenerare l'epitelio della superficie corneale colpito da deficit di cellule staminali limbari (LSCD) o danneggiato da ustioni termiche o chimiche. Obiettivo della terapia con Holoclar® ,che non è in commercio,è restituire la capacità visiva ai pazienti con gravi lesioni della cornea.
INDICAZIONI: trattamento, negli adulti, del deficit di cellule staminali limbari LSCD (limbal stem cell deficiency) di grado severo o moderato, derivato da lesioni oculari per cause chimiche o fisiche. E' necessaria per la rigenerazione tissutale la presenza di un minimo di limbo integro (1-2 mm2) per la biopsia e il recupero di cellule limbari.
MECCANISMO D'AZIONE: Holoclar® viene prodotto partendo dalle cellule prelevate dallo stesso paziente tramite biopsia da un'area del limbus, la zona di transizione tra cornea e congiuntiva bulbare dell'occhio contro-laterale non affetto da deficit. Le cellule prelevate vengono poi coltivate in laboratorio, inserite su un supporto di fibrina che appare molto simile a una grande lente a contatto morbida e quindi inviate alla struttura che eseguirà l'innesto. Una volta innestate , le cellule staminali limbari di Holoclar® svolgono la funzione di rigenerare l'epitelio corneale evitando che la congiuntiva invada la cornea come avviene nei deficit di cellule staminali limbari con la comparsa di sintomi quali dolore, fotofobia, infiammazione e neovascolarizzazione in cui la congiuntiva invade la cornea con gravi effetti sull'acuità visiva fino alla cecità.
STUDI CLINICI: da oltre un decennio su Lancet ,Transplantation,New England Journal of Medecine, Regenarative Medecine sono stati riportati centinaia di studi per cui questa terapia è stata dichiarata “consolidata” senza provocare nessuna reazione di rigetto perché costituita dalle cellule del paziente stesso.
RIMBORSABILITA': in attesa di negoziazione da parte dell'AIFA.
AZIENDA: Chiesi Farmaceutici S.p.A.
DATA APPROVAZIONE UE: febbraio 2015


27 Febbraio 2015
Mano bionica: trapiantata per la prima volta al mondo in tre pazienti austriaci


Una tecnica che permette di usare una mano robotica controllata dalla mente non è fantascienza ma realtà: si chiama ricostruzione bionica, e i primi al mondo a sottoporvisi sono stati tre uomini austriaci. I risultati sono descritti in uno studio pubblicato su The Lancet e coordinato da Oskar Aszmann, direttore del Christian Doppler Laboratory for Restoration of Extremity Function all'Università di Vienna e inventore della tecnica, sviluppata con il Dipartmento di neuroriabilitazione ingegneristica al Centro medico universitario di Goettingen. La tecnica consiste nella sostituzione della mano amputata con una protesi robotica avanzata che tramite sensori bionici integrati con muscoli e nervi è in grado di rispondere agli impulsi della corteccia motoria proprio come l'estremità originaria. «Dopo un'opportuna riabilitazione, la tecnica ha ripristinato un elevato livello di funzione in tutti e tre i destinatari, aiutandoli in modo significativo nello svolgimento delle attività quotidiane. Quello che abbiamo fatto con la ricostruzione bionica è stato decodificare segnali nervosi amplificati da trapianti muscolari traducendoli in impulsi motori decodificati dalla mano meccatronica» ha dichiarato l’inventore. E in un editoriale di commento Daniel James Wilks del Dipartimento chirurgia plastica e ricostruttiva al Leeds Teaching Hospitals NHS Trust, Regno Unito, scrive: «I risultati austriaci forniscono progressi incoraggianti nello sviluppo dei sistemi protesici neurali, anche se il verdetto finale dipenderà dai risultati a lungo termine. Finora l'utilizzo delle protesi è stato tempo-dipendente, e quelle motorizzate producono grossi inconvenienti.»
The Lancet 2015


24 Febbraio 2015
Dalle staminali risultati promettenti nella terapia dell'insufficienza renale ed epatica


Insufficienza renale ed epatica. Sono solo due esempi degli ambiti più promettenti di terapia innovativa con cellule staminali di cui esperti mondiali hanno parlato nel meeting internazionale "Frontiers in regenerative medicine" a Torino, ove nel 2003 nacque il Progetto Cellule Staminali, poi trasformato in collaborazione con l’aziernda tedesca “Fresenius” in “Centro traslazionale di medicina rigenerativa” per le malattie curabili con staminali e loro prodotti, focalizzandosi su malattie renali ed epatiche. A tale proposito, specifica Ciro Tetta, senior manager del Progetto, «abbiamo messo a punto una terapia con staminali di origine epatica dal fegato umano adulto successivamente caratterizzate in maniera altamente riproducibile, di cui è in corso la verifica di sicurezza sull'uomo». Le cellule hanno ottenuto dall'Ema (l’Agenzia del farnaco europea) la designazione di farmaci orfani (farmaci che ottengono appositi incentivi per svilupparli in quanto potenzialmente importanti ma poco remunerativi per le case farmaceutiche) in due indicazioni: deficienze dell'urea nel neonato e insufficienza epatica acuta. «Nei modelli sperimentali» sottolinea Tetta «si sono avuti dati chiari che nell'insufficienza epatica e fulminante le staminali epatiche sono in grado di proteggere il fegato».
Centrata sulle nefropatie è invece la ricerca di Giovanni Camussi, ordinario di Nefrologia all'Università di Torino e presidente del corso di laurea di biotecnologie mediche. «L'obiettivo è favorire la riparazione endogena del tessuto renale nel danno acuto e cronico» afferma. «Il numero di nefroni alla nascita non aumenta più, ma il rene mantiene la capacità di ricostituirli, a meno che il danno non superi la capacità di riparazione o si mantenga per un tempo prolungato». In passato le staminali più usate erano quelle mesenchimali, pensando che potessero rigenerare il tessuto: in realtà funzionano coordinando la riparazione del danno. Per questo, continua Camussi, «ora si punta ai prodotti delle staminali, ovvero alle microvescicole extracellulari da loro emesse contenenti informazioni (mRna, miRna, fattori di trascrizione) che, liberate nel medium, sono in grado con un meccanismo paracrino(che influenza anche cellule di altra specie diverse dalla sua) di indurre modificazioni epigenetiche nella cellula danneggiata riprogrammandola, così da farla rientrare in ciclo, proliferare e ricostituire il tessuto». Le microvescicole (normale meccanismo di comunicazione intercellulare non solo delle staminali) hanno già applicazioni diagnostiche come marker tumorali «in quanto portano la firma della cellula di origine e sono rinvenibili nelle urine».


Genanio 2015
DOPPIO TRAPIANTO DI BRACCIA ESEGUITO A BOSTON ( USA).


Will Lautzenheiser, 40 anni, amputato di tutti e quattro gli arti, nel Novembre 2014,è stato trapiantato di arti bilaterali fin sopra il gomito, al Brigham and Women’s Hospital di Boston da un team di 35 medici, tra i quali 13 chirurghi, che ha lavorato per quasi 9 ore per trapiantare due nuove braccia a Lautzenheiser. Il paziente è attualmente in buona salute.
Lautzenheiser, che al momento ha la funzionalità delle nuove braccia limitata dagli involucri e dai bendaggi necessari alla guarigione chirurgica, ha descritto questa esperienza come surreale. Sa di avere un lungo percorso di terapia riabilitativa davanti a sé, anche a causa della portata dell’amputazione (fin sopra il gomito); non è dato sapere quali saranno le funzionalità che Lautzenheiser riuscirà a riacquistare ma, secondo i medici, ci vorranno mesi perché i suoi nuovi arti possano trasmettere sensazioni tattili complete e potrebbero volerci alcuni anni per riprendere la loro normale funzionalità. “Non è certamente come girare un interruttore”, ha spiegato Matthew Carty, Direttore del Centro Trapianto degli arti al Brigham. “I suoi nervi dovranno crescere nel nuovo arto”.
Lautzenheiser durante la conferenza stampa ha voluto ringraziare la famiglia del suo donatore anonimo, sottolineando che sente il donatore vicino a sé, come una seconda pelle. Si è palesemente commosso quando Richard Luskin, presidente della Organ Bank New England, ha letto una breve dichiarazione scritta dai genitori del donatore: “Nostro figlio ci ha dato i migliori abbracci nella sua vita, speriamo in un meraviglioso recupero affinché anche i tuoi cari possano tornare a godere del tuo caldo abbraccio”.
Il Brigham and Women ‘s Hospital ha iniziato il suo programma di trapianto di faccia e di arti nell’aprile  2009. I chirurghi, ad oggi, hanno completato sette trapianti di volto e tre doppi trapiantidi arti, compreso quello di Lautzenheiser.
Il primo intervento di braccia è stato effettuato nel 2011 su Richard Mangino di Revere, che ha lentamente riguadagnato l’uso delle sue nuove mani. Nel 2012 i chirurghi hanno trapiantato la faccia a Charla Nash del Connecticut e un doppio trapianto di braccio fatto nello stesso momento su un altro paziente è fallito a causa di un’infezione intrattabile.
Lo scorso anno, il Brigham and Women’s Hospital ha approvato anche il programma di trapianto di gamba. Il dott. Matthew Carty ha precisato che da allora l’ospedale sta valutando i candidati, ma non ha ancora trovato il paziente appropriato.
Lautzenheiser potrebbe eventualmente essere il candidato ideale anche per questo trapianto, ma se ne riparlerà tra qualche anno, dopo che le sue braccia avranno ripreso la normale funzione.
L’intervento eseguito a Boston è stato il primo trapianto con un arto fino a sopra il gomito per questo ha avuto un’ampia risonanza mediatica internazionale.

Fonte: Brigham and Women’s Hospital. Double arm transplant recipient gives thanks in Boston.



Genanio 2015
Epatite C, approvata in Europa nuova triplice terapia.


La Commissione Europea ha rilasciato l'autorizzazione all'immissione in commercio per il regime di trattamento completamente orale, privo di interferone e di breve durata costituito da Viekirax® (ombitasvir/paritaprevir/ritonavir compresse) +Exviera® (dasabuvir compresse). Lo comunica una nota dell'azienda produttrice, Abbvie, che sottolinea come il trattamento sia stato approvato per l'uso con o senza ribavirina (Rbv) per i pazienti affetti da infezione da virus dell'epatite cronica C (Hcv) con genotipo 1 (Gt1), compresi:
- soggetti affetti da cirrosi epatica compensata, co-infezione da Hiv -1;
- soggetti che ricevono terapia sostitutiva con oppioidi;
- soggetti che hanno ricevuto trapianto epatico.
In aggiunta, Viekirax ha ricevuto l'approvazione per l'uso insieme a RBV nei pazienti affetti da epatite cronica C con genotipo 4 1.
Queste approvazioni, spiega la nota, sono l'esito di un processo abbreviato di valutazione previsto dall'Agenzia Europea per i Medicinali per i nuovi farmaci che rivestono particolare interesse per la sanità pubblica. Sono circa nove milioni le persone che in Europa sono affette da epatite cronica C, patologia che rappresenta una delle principali cause di cancro epatico e trapianto epatico. Il genotipo 1 è la forma più prevalente di epatite C in Europa, e costituisce il 60% dei casi a livello mondiale. Il sottogenotipo 1b è il più prevalente in Europa (47% dei casi). Per quanto riguarda il genotipo 4, nonostante sia il genotipo più comune nel Medioriente, nelle regioni sub-sahariane dell'Africa ed in Egitto, si registra un aumento della sua prevalenza in diverse nazioni europee, fra cui Italia, Francia, Grecia e Spagna7. Il trattamento è ora approvato per l'uso in tutti i 28 stati membri dell'Unione Europea, oltre che negli Stati Uniti, Canada, Svizzera, Islanda, Liechtenstein e Norvegia. «L'epatite C è una patologia complessa, caratterizzata da diversi genotipi e da una varietà di popolazioni di pazienti, fattori che devono essere presi in considerazione al momento di identificare il trattamento appropriato per ogni singolo paziente,» spiega Stefan Zeuzem, Professore di Medicina e Direttore del Dipartimento di Medicina I del J.W. Goethe University Hospital, Francoforte, Germania. «Nelle sperimentazioni cliniche il trattamento di AbbVie ha ottenuto elevati tassi di guarigione associati a percentuali basse di interruzione del trattamento in diverse popolazioni di pazienti, ed è per questo che il trattamento rappresenta un'importante aggiunta alle terapie che stanno cambiando le modalità di trattamento dell'epatite C».



28 Dicembre 2014
Promettenti i primi dati sull'autotrapianto di cellule pancreatiche dopo rimozione del pancreas.


Secondo uno studio pubblicato su Jama surgeli 2015, rimuovere chirurgicamente tutto o parte del pancreas per poi trapiantare al paziente le proprie cellule produttrici di insulina sembra essere una strategia sicura ed efficace per alleviare il dolore da grave pancreatite cronica e prevenire il diabete chirurgico. «La pancreatite cronica è una malattia infiammatoria che conduce alla progressiva perdita di funzionalità del pancreas, manifestandosi con dolore intrattabile, diabete e sindrome da malassorbimento» spiega Denise Tai dell'Università di California a Los Angeles (Ucla), coautrice dell'articolo. Gli approcci iniziali alla pancreatite cronica sono la gestione medica e il controllo del dolore, ma alcuni pazienti hanno bisogno di essere sottoposti a procedure più invasive e radicali quali la rimozione parziale del pancreas o addirittura la pancreatectomia totale. Intervento, quest'ultimo, destinato a provocare diabete, in quanto vengono rimosse le beta-cellule che secernono insulina. «Il trapianto autologo di isole pancreatiche è stato da tempo descritto come un modo per preservare normali livelli di glucosio nel sangue dopo la rimozione quasi totale o totale del pancreas, ma pochi centri medici in tutto il mondo sono in grado di offrire tale trattamento ai pazienti con pancreatite cronica» spiega la ricercatrice, che assieme ai coautori ha esaminato i risultati ottenuti su nove pazienti, cinque maschi, sottoposti a resezione pancreatica e trapianto autologo di isole pancreatiche al Centro Ucla (Los Angeles-USA) per le malattie del pancreas tra marzo 2007 e dicembre 2013. E i dati indicano che la procedura di isolamento delle beta-cellule,produttrici di insulina, dal pancreas asportato del tutto o in parte ha avuto successo in otto casi su nove. E in tutti e nove i pazienti il dolore è diminuito o addirittura scomparso due mesi dopo l'intervento, mentre in due di essi non è stata necessaria l'insulina. «La tecnica è promettente, e l'isolamento delle isole pancreatiche eseguito in collaborazione con altri centri, in questo caso l'Università di California a San Francisco, permetterà a molti più pazienti con pancreatite cronica di trarre vantaggio dalla procedura» conclude Tai.

JAMA Surg. 2015.



15 Dicembre 2014


Dal 5 Dicembre 2014, (data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale serie 283) è in vigore la Determina AIFA n.1353 del 12.11.14 che autorizza l'utilizzo del sofosbuvir ovvero SOVALDI (nome in commercio) e la conseguente rimborsabilità a carico del Servizio Sanitario Nazionale.
Il trattamento è per pazienti adulti con epatite cronica da epatite C con genotipo 1, 2, 3, 4, 5, 6.

MA ATTENZIONE:
L'accesso al farmaco sarà, per ora, limitato * ad alcune categorie di pazienti ben definite. Di seguito, sono riportate le tipologie dei pazienti cangiabili al trattamento con sofosbuvir nell'ordine progressivo di priorità in base all'urgenza clinica definita dalla Commissione Tecnico Scientifica dell'AIFA secondo le indicazioni del Tavolo tecnico AIFA sull'Epatite C. **


1°-Pazienti con cirrosi in classe di Child A o B(metodo per valutare il grado della cirrosi) e/o con HCC (epatocarcinoma da epatite C) con risposta completa a terapie resettive chirurgiche o loco-regionali non cangiabili a trapianto.
2°-Recidiva di epatite dopo trapianto di fegato con fibrosi METAVIR ≥2 (sistema di valutazione della fibrosi fino a 4) o corrispondente Ishak o fibrosante colestatica.
3°-Epatite cronica con gravi manifestazioni extra-epatiche HCV-correlate (sindrome crioglobulinemica con danno d'organo, sindromi linfoproliferative a cellule B).
4°-Epatite cronica con fibrosi METAVIR ≥3 o corrispondente Ishak.
5°-In lista per trapianto di fegato con cirrosi MELD <25(metodo di valutazione della cirrosi per chi è in lista d?attesa) e/o con HCC all'interno dei criteri di Milano con la possibilità di una attesa in lista di almeno 2 mesi.
6°- Epatite cronica dopo trapianto di organo solido (non fegato) o di midollo con fibrosi METAVIR ≥2 o corrispondente Ishak.
-------------------------------------------
*per scarsità di fondi nella legge di Stabilità del Governo.
** a cui ogni struttura medica di cura ( nel nostro caso il Centro di Trapianto) deve attenersi.


NOTA: ORA TOCCA ALLA REGIONE MARCHE ! INSERIRE IL FARMACO NEL PRONTUARIO REGIONALE E DARE LE RELATIVE DISPOSIZIONI ! L'ATO-MARCHE CON LETTERA ALLA REGIONE SOLLECITA UN ATTO URGENTE OLTRE LE NOTE LUNGAGGINI DELLA BUROCRAZIA !

Agostino Falcioni
Presidente ATO-Marche


Ottobre 2014
PRIMO CASO : RIPRISTINATA LA VISTA CON CELLULE STAMINALI EMBRIONALI SENZA NESSUNA INSORGENZA DI TUMORI E RIGETTI DOPO 3 ANNI !


Uno studio pubblicato su The Lancet dimostra per la prima volta sicurezza e tollerabilità a medio e lungo termine del trapianto di cellule staminali embrionali umane (hESC) in 18 pazienti con forme diverse di degenerazione maculare e grave perdita del visus: dopo tre anni di follow up la tecnica risulta ben tollerata e la vista è stata ripristinata in oltre la metà dei casi. «I trapianti di cellule staminali embrionali sono potenzialmente pericolosi per i rischi di tumori» spiega Robert Lanza, Chief Scientific Officer all'Advanced Cell Technology, Marlborough, Massachusetts. «Solo i siti che non producono forte risposta immunitaria, come l'occhio, sono diventati le prime parti del corpo a beneficiare della tecnica hESC» riprende il ricercatore, sottolineando che le staminali sono state trapiantate in nove pazienti con distrofia maculare di Stargardt e in altri nove con distrofia maculare età correlata, le due cause principali di cecità giovanile e dell'adulto nel mondo occidentale. «Ai partecipanti sono state somministrate tre diverse dosi: 50.000, 100.000 e 150.000 cellule, infuse nello spazio sottoretinico» riprende Lanza, spiegando che il trapianto è stato ben tollerato nei successivi 37 mesi, senza disturbi come rigetto o eccessiva proliferazione cellulare. «Viceversa, gli eventi avversi sono stati causati dalle manovre chirurgiche necessarie al trapianto e con la terapia immunosoppressiva» precisa il ricercatore. E in un editoriale di accompagnamento Anthony Atala, direttore dell'Istituto di medicina rigenerativa Wake Forest di Winston Salem in North Carolina, dice: «dalla scoperta dell'hESC, nel 1998, molto si è discusso in termini politici, etici, e scientifici, cercando di realizzare al meglio trattamenti utili per i pazienti. E adesso un follow up di tre anni dimostra che nei malati curati con cellule staminali hESC-derivate il trapianto sembra essere sicuro e ben tollerato. C'è ancora molto da fare, ma la strada è aperta».

The Lancet, 2014. doi:10.1016/S0140-6736(14)61376-3
The Lancet, 2014. doi:10.1016/S0140-6736(14)61820-1


01 Ottobre 2014
Accordo raggiunto: AIFA ha approvato Sovaldi®
Epatite C: accordo AIFA e Gilead per la rimborsabilità di Sovaldi


In occasione della riunione del Comitato Prezzi e Rimborso (CPR) del 30 settembre 2014, l'Agenzia Italiana del Farmaco e Gilead Sciences hanno raggiunto l'accordo per la rimborsabilità del farmaco Sovaldi (sofosbuvir) per il trattamento dei pazienti affetti da epatite cronica C.

La chiusura del processo negoziale è avvenuta nel rispetto dei tempi auspicati dal Ministro della Salute e indicati nel comunicato AIFA del 13 agosto scorso. L'accordo consentirà di trattare il più grande numero di pazienti in Europa, tenuto conto della più alta prevalenza della patologia in Italia. Sovaldi sarà disponibile nel più breve tempo possibile.

FINALMENTE I TRAPIANTATI CON EPATITE C POTRANNO COMINCIARE IL TRATTAMENTO CHE ERADICA PER SEMPRE QUESTO VIRUS ! ALTRI FARMACI CON LA STESSA POTENZA STANNO ARRIVANDO ! CHIEDETE SUBITO AL VOSTRO CENTRO DI INIZIARE LA TERAPIA.


24 Novembre 2013
Al X Convegno del trapianto di fegato al Niguarda di Milano, i medici sono ottimisti per l'arrivo dei nuovissimi farmaci per l'epatite C :
"Guariranno cirrosi ed infezioni da trapianto"

A Gennaio, al Niguarda, i primi programmi di accesso alle nuove terapie, meno invasive e molto più efficaci senza aspettare l'inserimento ufficiale nel prontuario del Ssn. I nuovi medicinali efficaci anche per gli stati cirrotici, sfoltiranno anche le liste d'attesa per il trapianto di fegato.

"Più anni di vita, migliore qualità e più possibilità di guarire dall' HCV del fegato, cirrosi e tumori compresi"- ha affermato il Dr. Luciano De Carlis. Per le malattie del fegato si volterà pagina: " a Gennaio quando arriveranno anche in Italia le medicine che fermeranno la replicazione del virus dell'epatite C, - ha detto il dottor Massimo Colombo, responsabile del dipartimento di gastroenterologia 1 del policlinico di Milano - le cirrosi saranno messe al bando. Ci saranno programmi ad accesso accelerato per i nuovi farmaci, tutti orali, che guariranno l'epatite C anche nelle sue forme più complesse come cirrosi e reinfezioni nei portatori di trapianto d'organo." Finora l'epatite C è stata trattata con terapie invasive, basate principalmente sull'interferone e la ribavirina però con insuccessi e spiacevoli effetti collaterali. I nuovi farmaci ,Sofosbuvir e Daclatasvir, approvati dall'EMA ( Agenzia Europea del farmaco) sono invece mirati e ostacolano il lavoro degli enzimi che il virus usa per moltiplicarsi. Nelle terapie questi medicinali saranno affiancati da altri farmaci per impedire che il virus muti. Nei casi più gravi saranno dati entrambi congiuntamente con una eradicazione che sfiora il 100%.

ATTESO QUANTO SOPRA, IL 30 NOVEMBRE 2013, L'ATO MARCHE HA CHIESTO ALLA DIREZIONE SANITARIA INFORMAZIONI SULLA MESSA IN ATTO ANCHE NEL CENTRO TRAPIANTO DI FEGATO DI ANCONA DI ADEGUATI PROGRAMMI ACCELERATI PER POTER INTERROMPERE FIN DA GENNAIO 2014 LA FATALE CATENA DI ESITI INFAUSTI PER REINFEZIONE DA HCV DEL NUOVO FEGATO TRAPIANTATO.


3 Luglio 2013
PRIMO FEGATO AL MONDO SVILUPPATO DA STAMINALI, TRAPIANTATO E FUNZIONANTE SU UN TOPO .

La rivista scientifica "Nature" ha comunicato che gli scienziati TOKAMORI TAKEBE e HIDAKI TAMAGUCHI della Yokohama Medical School (Giappone) hanno portato a termine un trapianto su topo di "gemme epatiche" , create in laboratorio che, dopo il trapianto, si sono sviluppate fino a diventare un fegato adulto con un sistema vascolare e con funzioni epatiche, specifiche e proprie anche di un fegato umano. Le "gemme" (le strutture iniziali del fegato ai primi stadi di sviluppo) sono state prodotte artificialmente in laboratorio attraverso un "cocktail" di cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC). In altre parole, alcune cellule staminali mesenchimali, endoteliali, ecc. "adulte" sono state riprogrammate e riportate allo stadio di "bambine" (con il sistema scoperto dai premi Nobel 2012, Yamanaka e Gurdon), cioè allo stadio di cellule dell'endoderma di 3 settimane. I prossimi esperimenti - affermano i due scienziati - saranno fatti per il rene, il pancreas ed il polmone e per portare le "gemme in loco" attraverso il flusso sanguigno. Ogni ostacolo di natura etica ed immunologica è superato: a) le cellule non sono tratte da embrioni,uccisi appositamente ma donate dal paziente; b) non c'è rischio di rigetto perché provengono dal tessuto dello stesso paziente. Ci vorranno ancora anni per arrivare a verificare se questa tecnica funzionerà sull'uomo ma la strada è stata aperta.


30 Giugno 2013
LA MEDICINA RIGENERATIVA OVVERO LA FABBRICA DI ORGANI E TESSUTI CON UNA STAMPANTE IN 3D.

Scienziati di tutto il mondo sono alle prese, in una gara a chi arriva primo,alla riproduzione di organi,tessuti,muscoli ed altri pezzi di ricambio del corpo umano per sostituirli a quelli "difettosi". In questa folle corsa della ricerca, la medicina rigenerativa va oltre la basilare biologia cellulare agganciandosi alla ingegneria molecolare ed all'ultimo prodigio tecnologico: la stampante in 3D, usata già per prodotti di consumo ma ora proposta per la fabbrica di parti del corpo umano. Si parte da un disegno tridimensionale della parte da costruire ma anziché materia, il nuovo inchiostro è fatto da migliaia e migliaia di cellule umane del paziente . Le prime bio-stampanti 3D sono state prodotte dalla Organovo,società californiana. Dal 2009,le tappe sono state le seguenti: IL LOBO DI UN ORECCHIO - Dr.Lawrence Bonassar - Ingegnere biomedico -Cornell University (N.Y). VESCICHE URINARIE - Prodotte dal Wake Forest Instiute for Regenerative Medecine (California). UN RENE (ancora in fase di progetto iniziale, mostrato in video dal Direttore dell'Istituto Wake). UN TRATTO DI INTESTINO - Dr.ssa Cristiana Rastellini di Roma,emigrata alla University of Texas . UNA TRATTO DI VENA ? tra fegato ed intestino su una bimba di 10 anni ?Università di Goteborg. UNA TRACHEA ARTIFICIALE - creata dal Dr. Paolo Macchiarini, all'Università di Goteborg (Svezia). UN MUSCOLO DI DITA DI TOPO (X-MET) - Dr.Antonio Musarò ed altri all'Istituto Pasteur di Parigi. In buona sostanza si tratta di un procedimento che, partendo da un pezzo di un donatore viene SAPONIFICATO, cioè gli vengono tolte tutte le cellule mentre rimane solo la struttura (come in una mummia), poi, si prendono dal ricevente le cellule staminali adatte, elaborate e moltiplicate, vengono immesse in questa struttura saponificata che, ripresa la forma tridimensionale primitiva, viene quindi trapiantata sul ricevente senza pericolo di rigetto perché le cellule circolanti sono sue.


23 Giugno 2013
PRIMO TRAPIANTO DI STAMINALI CEREBRALI RIUSCITO.

Neurothon-Onlus ha annunciato che si è conclusa con successo la fase I di 6 trapianti intramidollari di cellule staminali neurali, prelevate da un particolare tessuto del cervello di feti abortiti spontaneamente, eseguiti su sei pazienti italiani, affetti da SLA, cioè senza effetti avversi su questi pazienti. A 10 mesi di distanza dal trapianto di queste cellule cerebrali umane, è stata testata la loro non pericolosità per l'organismo dei riceventi con l'avvallo dell'ISS (Istituto Superiore di Sanita) e dell'AIFA (Agenzia Italiana del farmaco). Ora, si sta procedendo alla fase II su un numero più alto di pazienti ed innalzando sempre più i punti di infusione sul midollo spinale lombare per ottenere la rigenerazione completa dei suoi motoneuroni che comandano i muscoli, in pratica la vera efficacia della terapia. Infine, la fase III prevede la sperimentazione solo di alcuni Centri selezionati. Poi, se tutto andrà bene, la cura sarà generalizzata. Lo studio, tutto italiano,nell'ambito del progetto "La macchina del Cervello" di Angelo Vescovi, finanziato dalla Associazione Neurothon-Onlus, è stato portato avanti nella Banca delle cellule staminali cerebrali di Terni, che tratta le cellule originarie donate, espandendole in milioni e milioni e conservandole in contenitori di azoto.


24 Maggio 2013

EPATITE C

Daclatasvir + Sofosbuvir = efficacia al 100% nei pazienti già trattati con genotipo 1

Nel corso del Convegno della Liver-pool (Federazione delle Associazioni di malati e trapiantati di fegato), tenutosi a Forlì,Venerdì 24 Maggio 2013, il Prof. Pietro Andreone,epatologo del S.Orsola di Bologna,ha illustrato ai presenti le ultime eclatanti notizie sul trattamento della Epatite C, presentate al Congresso della Associazione Europea sullo Studio del Fegato (EASL) ad Amsterdam. Uno studio di ricerca del gruppo di Mark Sulkowski della John Hopkins University, ha mostrato che l'uso combinato di Daclatasvir e Sofosbuvir, prodotti rispettivamente da Bristol-Myers e da Gilead Sciences, somministrati in capsule per via orale e testati in fase II, cioè su un gruppo limitato di pazienti non rispondenti alla terapia tripla: interferone+ribavirina+telaprevir o boceprevir (i due farmaci inibitori della proteasi,entrati in circuito da poco in Italia), ha dato il 100% di successo, con caduta rapida della viremia già dopo 4 settimane di trattamento e scomparsa definitiva su tutti i pazienti testati alla fine del ciclo di cura di 24 settimane, senza recidive mentre gli effetti secondari sono stati del tutto trascurabili, se comparati a quelli dei farmaci già in circolazione.

Il problema è che non si avrà una fase III,(sperimentazione estesa su migliaia di pazienti prima di avere l'OK finale all'uso corrente e non più sperimentale del farmaco), a causa degli enormi costi dei due antivirali, se usati insieme. Infatti, le due case produttrici stanno orientando la fase III, ognuna con il suo proprio antivirale,associandolo con un "altro prodotto di rinforzo" ma della casa, per rivalità e competizione sul mercato. Mark Thursz, segretario della EASL, però, prevede che i medici,una volta che i due farmaci saranno approvati dalle autorità sanitarie nazionali, tenteranno ugualmente di prescrivere la "combinazione daclatasvir + sofosbuvir", attraverso la deroga dell' off-label, cioè anche senza la fase III della combinazione stessa.

SIAMO ALLA SVOLTA FINALE PER L'EPATITE C ? ANCHE I TRAPIANTATI CON RECIDIVA HCV POSSONO ORA SPERARE DI NON PERDERE PIU' IL FEGATO TRAPIANTATO ? I MALATI HCV NON RISPONDENTI ALLE CURE CLASSICHE NON DOVRANNO PIU' RICORRERE AL TRAPIANTO ? TRA UN ANNO, SI SPERA, LA RISPOSTA ANCHE IN ITALIA.


REPORT 2012

Alleghiamo qui di seguito il
" Report 2012 - 7 anni di Trapianti nelle Marche "



27 Novembre 2012

È morto a Boston a 93 anni Joseph Murray, il chirurgo che portò a termine con successo, nel 1954, assieme al nefrologo John Merrill, il primo trapianto di rene tra due gemelli omozigoti. L'intervento avvenne al Peter Bent Brigham Hospital di Boston (USA). Dopo questo trapianto, Murray ne effettuò altri ed, in una avvincente gara con la scuola francese dell'Ospedale Necker, aprì la strada al trapianto tra non gemelli ed infine al trapianto da cadavere (1962). La sua attività di ricerca non si fermò alla chirurgia ma si estese al campo della medicina per cui fu insignito del premio Nobel 1990. Terminò la sua carriera come professore emerito della famosa Harvard Medical School di Boston.
Sono passati ormai 50 anni dal primo trapianto da cadavere. Oggi, i trapiantati di rene forse non sanno nulla del Prof. Murray e della speranza che germinava in quegli anni per chi voleva vivere, quando ancora la dialisi (1970) non c'era. Oggi, il trapianto è fattibile in quasi tutti i centri di Nefrologia e non è più salvavita: c'è la dialisi, ma tutti i pazienti cercano ancora con trepidazione quella speranza che Joseph Murray seppe dare, per primo, in un lontano 1962.


17 Settembre 2012
- SCOPERTI NUOVI FARMACI ANTI RIGETTO PER DIABETICI

Dalla ricerca italiana nuove speranze per i 250 mila italiani con diabete di tipo 1, forma giovanile della malattia del sangue dolce, che ogni anno fa registrare secondo le stime circa 5 mila nuovi casi. Un gruppo di scienziati del San Raffaele di Milano ha dimostrato per la prima volta l'efficacia di una nuova classe di farmaci nel ridurre il rischio di rigetto dopo il trapianto di isole di Langerhans, le cellule del pancreas che fabbricano l'insulina e che vengono impiantate nei pazienti diabetici per ripristinare la produzione dell'ormone controlla-zucchero. Le molecole protagoniste della ricerca, pubblicata sul 'Journal of Clinical Investigation', sono i farmaci anti-recettore CXCR1/2. Funzionano inibendo i recettori per le chemiochine, proteine chiave delle reazioni autoimmunitarie. E somministrandoli dopo il trapianto di isole pancreatiche, si favorisce l'attecchimento dei tessuti aumentando le probabilita' di successo dell'intervento. Lo studio è coordinato da Lorenzo Piemonti, responsabile dell'Unità della biologia della beta-cellula del San Raffaele, e condotto in collaborazione con l'azienda biofarmaceutica Dompe' che ha sviluppato le molecole utilizzate. Le terapie utilizzate finora - ricorda l'Irccs milanese in una nota - hanno lo scopo di inibire i linfociti del sistema immunitario, che hanno il compito di eliminare le cellule trapiantate con conseguente rigetto del tessuto di Langerhans. Dopo avere dimostrato che un altro tipo di cellule, i polimorfonucleati, partecipano attivamente ai processi di danneggiamento del tessuto trapiantato facilitandone la distruzione e il rigetto, i ricercatori del San Raffaele hanno utilizzato modelli di topo per valutare l'effetto di farmaci in grado di inibire la migrazione dei polimorfonucleati in risposta al rilascio di citochine. Gli studiosi hanno cosi' dimostrato che i farmaci anti-recettore CXCR1/2 non solo riducono l'accumulo di polimorfonucleati nel sito di impianto e la conseguente infiammazione, ma soprattutto favoriscono la sopravvivenza del tessuto trapiantato nel tempo. Oltre alle indagini precliniche, il team ha condotto anche un esperimento clinico. Ha cioè verificato che la nuova famiglia di farmaci aumenta significativamente la sopravvivenza e la funzione del tessuto trapiantato anche nell'uomo, senza provocare effetti secondari indesiderati.
Da: Sanità News


3 Settembre 2012
- DAGLI USA PRIMO INTERVENTO MONDIALE DI TRAPIANTO DI RENE E BYPASS GASTRICO

Per la prima volta la mondo una donna ha ricevuto contemporaneamente un rene nuovo e un intervento di bypass gastrico. L'intervento, completamente robotizzato, e' stato effettuato dall'ospedale dell'università dell'Illinois lo scorso 6 luglio. La paziente e' Aidee Diaz, una donna di 35 anni di Chicago, che soffriva di una malattia ai reni e di pressione alta da cinque anni. I trattamenti a cui si e' sottoposta avevano fatto raddoppiare il suo peso fino a 111 chilogrammi, costringendola anche alla dialisi. "Molti pazienti obesi vengono da noi perchè sono stati esclusi dalla lista per il trapianto perchè troppo obesi - spiega Enrico Benedetti, il chirurgo italiano che a Chicago ha effettuato l'operazione - ma purtroppo una perdita di peso in pazienti con una malattia cronica e' poco comune e irrealistica". La gastrectomia ha rimosso il 70% dello stomaco della paziente, e subito dopo attraverso la stessa incisione e' stato effettuato il trapianto. L'intervento e' il primo di una serie al termine della quale saranno valutate l'efficacia e la sicurezza.
Da: Sanità News


24 Luglio 2012
- UN TRAPIANTO DI STAMINALI PLURIPOTENTI PER LA RICOSTRUZIONE DEL FEGATO

Cellule staminali prelevate da feti abortiti terapeuticamente sono state usate per ricostruire il fegato devastato dalla cirrosi epatica. Il primo trapianto di questo tipo e' stato eseguito in Italia, nel Policlinico Umberto I di Roma, nell'ambito di un protocollo di ricerca che comprende 20 pazienti, tutti nello stadio avanzato della malattia. Le cellule prelevate dal feto, abortito a causa di una malformazione, sono state infuse in un uomo di 72 anni ad uno stadio molto avanzato della malattia. La ricerca è stata sostenuta da finanziamenti del ministero dell'Istruzione, dell'Universita' e della Ricerca e dal Consorzio Interuniversitario dei Trapianti d'Organo e dall'Agenzia Regionale dei Trapianti. L'intervento e' stato eseguito circa una settimana fa con il coordinamento di Domenico Alvaro, Eugenio Gaudio, Pasquale Berloco e Marianna Nuti. Dal fegato del feto, dal peso 10-15 grammi, sono state isolate le cellule che servono a rigenerare il fegato, in tutto circa 50 milioni. ''Sono cellule staminali pluripotenti'', ha spiegato Alvaro. Sono cioe' staminali in grado di maturare dando origine a cellule adulte di tipo molto diverso. Cellule di questo tipo, ha aggiunto, non danno alcun rischio di rigetto e non richiedono percio' che i pazienti debbano seguire cure immunosoppressive, volte cioe' a ridurre le difese immunitarie perche' queste non attacchino le nuove cellule. Il risultato e' il punto di arrivo di cinque anni di ricerche condotte dal gruppo di Alvaro e Gaudio, della facolta' di Medicina e Farmacia dell'universita' Sapienza di Roma, in collaborazione con il gruppo statunitense di Lola Reid, della North Carolina University. Il prelievo delle cellule fetali ha richiesto sei ore e le cellule non hanno subito alcuna manipolazione. Sono state quindi infuse nel fegato del paziente attraverso l'arteria epatica.
Da: Sanità News


21 Maggio 2012
- TRAPIANTO DI MIDOLLO OSSEO

Una piccola azienda bioetch canadese ha ricevuto l'approvazione dall'ente regolatore del Paese per il primo farmaco realizzato con cellule staminali, che servirà per trattare i bambini che soffrono di Gvhd, Graft-versus-host disease, una sindrome che insorge quando, durante un trapianto di tessuto od organo, le cellule immunologiche del donatore forniscono una risposta esagerata aggredendo il sistema immunitario della persona ricevente immunosoppressa, riconoscendolo come corpo estraneo. A parlarne e' il New York Times. Il farmaco e' una preparazione a base di cellule staminali mesenchimali, ottenute dal midollo osseo di donatori giovani adulti e in salute. Le staminali vengono separate dal midollo ed espanse in coltura, in modo che una donazione sia sufficiente per realizzare 10mila dosi. Con la Gvhd si ha una reazione inversa al rigetto, cioè le cellule del donatore vedono gli organi del ricevente come estranee! i e li attaccano, causando danni alla pelle, al fegato e al tratto digestivo. Ciò avviene soprattutto quando il donatore non e' perfettamente compatibile con il ricevente. Generalmente i medici usano steroidi o altri farmaci per attenuare gli attacchi immunitari, ma in molti casi non funzionano e il paziente muore. Questo nuovo farmaco a base di staminali e' approvato per i bambini che non rispondono agli steroidi. In un piccolo studio clinico, circa il 60% di questi bambini ha avuto una significativa risposta al farmaco. L'azienda canadese sta ora cercando di sviluppare questo farmaco come trattamento anche per la malattia di Chron, il diabete, gli attacchi cardiaci e altre patologie.
Da: Sanità News


28 Marzo 2012
- TRAPIANTO DI FACCIA DA RECORD NEGLI USA

Eseguito negli Stati Uniti un trapianto di faccia record. Secondo i chirurghi dell'Università del Maryland, che lo hanno effettuato tra il 19 e il 20 marzo, si tratta dell'intervento più esteso realizzato finora. A riceverlo Richard Norris, 37 anni, a cui sono stati sostituiti fra l'altro mandibola, denti e lingua nuovi, come si legge sul 'Washington Post'. Le foto del prima e del dopo sono impressionanti: il viso dell'uomo era come 'risucchiato' all'interno, tanto da portarlo a vivere da recluso per 15 anni dopo essere stato gravemente ferito nel corso di un incidente con una pistola, come hanno spiegato i medici. Si muoveva solo di notte e indossava una maschera ogni volta che usciva. La settimana scorsa Norris si e' sottoposto a 36 ore di intervento al Maryland Shock Trauma Center, una 'maratona' presentata alla stampa come il più esteso trapianto di faccia mai realizzato. L'operazione includeva la sostituzione di lingua, denti, mascella superiore e inferiore. Tre giorni dopo si e' guardato allo specchio; aveva finalmente un naso, poteva muovere la lingua. Grazie al donatore, rimasto anonimo, sono stati operati altri cinque pazienti,! che hanno ricevuto cuore, entrambi i polmoni, fegato e reni nuovi. L'intervento e' arrivato alla fine di un decennio di ricerche finanziate dall'Office of Naval Research Usa, con l'obiettivo di potenziare la ricostruzione facciale per i soldati vittime di incidenti sul campo di battaglia. Norris, un civile, e' stato scelto dopo un incontro con Eduardo Rodriguez nel 2005. Nel frattempo e' stato sottoposto a una serie di test fisici e psicologici, in attesa del donatore perfetto. "Il nostro obiettivo e' quello di ripristinare la funzionalità, così come l'estetica", ha detto Rodriguez. La procedura ha coinvolto 150 tra medici, infermieri e componenti dello staff. Ora Norris e' in grado di farsi la barba e lavarsi i denti. Il paziente dovrebbe restare in ospedale per un mese e sotto osservazione a Baltimora (per controlli regolari) per tre mesi. "Molti pensano che sia una questione estetica, ma chi ha vissuto dietro una maschera, se si può chiamare vita - ha concluso Rodriguez - in questo modo ritorna a vivere" davvero.
Da: Sanità News


17 Febbraio 2012
- Il professore Risaliti lascia l'ospedale di Ancona.
L'ATO Marche scrive all'Assessore Regionale.

L'ATO-Marche ha letto il Suo annuncio alla stampa circa la partenza da Torrette del Prof. Risaliti.
Sicuramente, la S.V. avrà già individuato una nuova nomina dal momento che questa partenza, resa nota al pubblico ora, era già a Sua conoscenza da tempo (la stampa del Friuli ne parlava da inizio 2011).
In ogni caso, l'ATO-MARCHE, dopo sette anni di trapianti in regione, ritiene doveroso rappresentare alla S.V. ed agli onorevoli Presidenti che leggono la presente per conoscenza, alcuni spunti di riflessione nella scelta del nuovo Direttore per la chirurgia dei trapianti d'organo .
AL DI LA' DELLA COMPETENZA PROFESSIONALE LA SCELTA DEL NUOVO DIRETTORE DOVREBBE TENER CONTO ANCHE :
1) DELL'ESPERIENZA E/O CAPACITA' DEL DIRETTORE AD ORGANIZZARE E FARSI CARICO DI UNA EFFICIENTE GESTIONE DEL "FOLLOW UP" ( i necessari controlli ambulatoriali cadenzati ma mai interrotti dei trapiantati) PER RISOLVERE UNA VOLTA PER TUTTE LE CRITICITA' DI QUESTO SERVIZIO, GIA' NOTE ANCHE ALLA S.V.
2) DEL DOVERE MORALE DELLA REGIONE DI AVVALERSI, SE CI SONO, DEI MIGLIORI SPECIALISTI MARCHIGIANI IN CAMPO TRAPIANTOLOGICO CHE SI SONO AFFERMATI O CHE DIRIGONO CENTRI DI GRANDE PRESTIGIO ALL'ESTERO O FUORI REGIONE.
Generalmente le Università gestiscono gli scambi interpersonali tra cattedratici ma la Regione deve valorizzare "in primis", le eccellenze dei propri corregionali, acquisite con duri tirocini e sacrifici .
3)DELLA DISPONIBILITA' DEL DIRETTORE A CONSIDERARE IL "VOLONTARIATO", UNA RISORSA COMPLEMENTARE PER I TRAPIANTI E LE DONAZIONI, FAVORENDONE I CONTATTI CON I PAZIENTI E LO SCAMBIO DI INFORMAZIONI.
Attualmente la presenza dell' Associazione nel Centro di Ancona tende a scomparire. I contatti con i trapiantati e trapiantandi avvengono "extra moenia" attraverso il Web e Telefono.
Ringraziando per l'attenzione, si porgono distinti saluti.


20 Ottobre 2011
- L'UE DICE NO ALLA RICERCA SULLE STAMINALI EMBRIONALI

L'Europa difende la vita umana, anche quando è quella di un ovulo non fecondato. La Corte europea di giustizia ha detto no agli scenari da fantascienza delle biotecnologie, quelli delle incubatrici di embrioni da usare per creare da cellule staminali le medicine per curare le malattie degli umani adulti. La Corte di Lussemburgo ha infatti pubblicato la sentenza che vieta la brevettabilità e quindi lo sfruttamento commerciale dei farmaci ricavati da cellule staminali con procedimenti che comportano la distruzione degli embrioni umani. "Una decisione saggia. In linea con la legislazione italiana" ha commentato il ministro della Salute Ferruccio Fazio. Il caso sul quale si è espressa la Corte è quello del trattamento per il morbo di Parkinson messo a punto dal ricercatore tedesco Oliver Brustle, docente di Neurobiologia ricostruttiva all'Università di Bonn. Nel 1997 Brustle scoprì e brevettò un metodo per curare il Parkinson utilizzando cellule staminali ricavate da un embrione umano nello stadio di blastocisti, vale a dire circa cinque giorni dopo la fecondazione, trasformandole in cellule in grado di produrre tessuti nervosi. Contro la registrazione di un procedimento che utilizza gli embrioni come materia prima, è stata la sezione tedesca di Greenpeace a fare ricorso, ottenendo l'annullamento del brevetto da parte del Bundespatentgericht, il competente tribunale federale tedesco. Brustle ha però fatto controricorso alla Corte federale di Cassazione che nel 2009 ha deciso di interpellare la Corte di Giustizia europea per avere una precisazione sulla nozione di "embrione umano", visto che il ricercatore negava tale qualifica agli ovuli fecondati da meno di cinque giorni. Alla luce della direttiva europea n.44 del 1998 che stabilisce i limiti delle invenzioni biotecnologiche, il giudice europeo ha affermato che in Europa si deve "escludere qualsiasi possibilità di ottenere un brevetto quando il rispetto dovuto alla dignità umana può esserne pregiudicato". Nello specifico la Corte ha precisato che la qualifica di "embrione umano" va riconosciuta non solo dall'istante della fecondazione ma anche "all'ovulo non fecondato in cui sia stato impiantato il nucleo di una cellula umana matura" e persino all'ovulo non fecondato "indotto a dividersi e svilupparsi attraverso la partenogenesi". Di fatto, come osservato dalla Commissione europea, per la Corte l'embrione è "un soggetto di diritto" in qualsiasi suo stadio di sviluppo. Tale "concetto autonomo del diritto europeo" ora dovrà essere recepito in tutti i 27 paesi dell'Unione europea. Lo scopo di ricerca non è negato, ma è vietato in ogni caso lo sfruttamento commerciale dei procedimenti e dei farmaci prodotti basandosi su tali ricerche.
Da: Sanità News


8 Settembre 2011
- ARRIVA IN ITALIA UN NUOVO FARMACO ANTIRIGETTO

Gli ultimi dati certificano che il trapianto di rene non garantisce la sopravvivenza: entro 5 anni, un paziente su cinque muore o perde l'organo, e entro 10 anni la meta' dei pazienti ha bisogno di un nuovo organo, torna alla dialisi o muore. Colpa di infezioni, malattie cardiovascolari ma anche del rigetto. Contro il rigetto è in arrivo anche in Italia nei primi mesi del 2012 Belatacept, un nuovo farmaco biologico per la profilassi del rigetto nei pazienti adulti sottoposti a trapianto di rene, forte di nuovi positivi risultati clinici presentati al 15esimo Congresso della European Society for Organ Transplantation (Esot), il piu' importante appuntamento continentale del settore, in corso a Glasgow. Ogni anno in Italia si eseguono circa 1.500 trapianti di rene e vi sono piu' di 7.000 persone in lista di attesa (che attendono in media 3 anni prima dell'intervento). Per la prima volta sono presentati dati che riguardano specifiche categorie di donatori e di riceventi, in particolare pazienti colpiti da diabete prima del trapianto. Vengono cosi' confermati i risultati positivi su qualita', sicurezza ed efficacia che hanno portato alla recente approvazione della molecola sia da parte della Commissione europea che della Food and Drug Administration negli Stati Uniti. Belatacept, scoperto e sviluppato da Bristol-Myers Squibb, e' la prima molecola con un innovativo meccanismo di azione approvata negli ultimi 10 anni nel trapianto di rene. "I dati clinici su belatacept presentati al Congresso Esot - spiega Brian Daniels, senior vice president, Global Development and Medical Affairs, di Bristol-Myers Squibb - si aggiungono agli studi che hanno determinato il via libera al farmaco negli Stati Uniti e in Europa. BMS intende unire i propri sforzi a quelli della comunita' scientifica per ampliare le nostre conoscenze sul profilo di efficacia e sicurezza di belatacept perche' i pazienti e i medici siano informati sulle opzioni terapeutiche disponibili". Il farmaco e' autorizzato in combinazione con corticosteroidi e acido micofenolico. E' raccomandata l'aggiunta di un antagonista del recettore dell'interleuchina-2 nella fase di induzione. Studi clinici hanno evidenziato percentuali simili nella sopravvivenza del rene trapiantato e del paziente a un anno e confermate a tre anni con un miglior mantenimento della funzione renale rispetto alla terapia standard con ciclosporina. Ottenere miglioramenti nella funzione renale che permangano a lungo nel tempo e' una delle sfide decisive nel trapianto di rene. La perdita progressiva di questa capacita' puo' determinare altre malattie concomitanti fino alla perdita dell'organo. Preservare la funzione del rene trapiantato puo' evitare il ritorno alla dialisi e la necessita' di un secondo trapianto. Il farmaco funziona attraverso un meccanismo mirato di azione che disabilita selettivamente le cellule T, impedendo all'organismo di attaccare l'organo trapiantato.
Da: Sanità News


7 Giugno 2011
- DALLE STAMINALI UN NUOVO TRATTAMENTO PER FRATTURE OSSEE GRAVI

Cellule staminali con il fattore di crescita insuline-like growth factor (IGF-I) si sono dimostrate efficaci per il trattamento delle fratture ossee difficili da ricomporre. Il nuovo trattamento è stato messo a punto dai ricercatori dell'Universita' del North Carolina di Chapel Hill (Stati Uniti) guidati da Anna Spagnoli, ingegnere biomedico. I risultati del loro studio - il primo a proporre una terapia a base di staminali per risolvere una carenza nella riparazione delle fratture ossee - sono stati illustrati a Boston durante il meeting annuale della Endocrine Society: secondo Spagnoli il trapianto di queste cellule staminali ''arricchite'' sara' utile soprattutto per ''bambini che soffrono di osteogenesi imperfetta o di malattia delle ossa fragili e per gli adulti con osteoporosi, perche' le loro ossa fragili si possono rompere facilmente e ripetutamente e il trattamento chirurgico, spesso, non e' efficace o non e' consigliabile''.
Da: Sanità News


12 Maggio 2011
- PRIMO TRAPIANTO AL MONDO DI UN VASO SANGUIGNO RICREATO DALLE STAMINALI

I ricercatori della Sahlgrenska Academy dell'Universita' di Goteborg (Svezia) hanno, per la prima volta, riprodotto un vaso sanguigno partendo da cellule staminali e lo hanno poi trapiantato in una bambina di dieci anni per ricreare la connessione tra l'intestino e il fegato. Dal vaso sanguigno prelevato da un donatore morto i ricercatori hanno ricavato un'impalcatura, privata di Rna e Dna, su cui poter coltivare cellule staminali del midollo osseo prelevate dalla piccola paziente. Ci sono volute poi 4 settimane perche' il vaso sanguigno ricrescesse. I rischi associati a questo intervento sono inferiori rispetto a quelli dei classici trapianti. "Abbiamo effettuato l'intervento chirurgico più di tre mesi fa, e il risultato è stato molto buono, senza gravi complicazioni. Per quel che ne sappiamo questa è la prima volta al mondo che si effettua un intervento di questo tipo - dichiara Michael Olausson, il chirurgo che ha operato - dato che il vaso e' stato creato con le cellule della bambina, non c'e' stato bisogno di utilizzare farmaci per prevenire il rigetto''.
Da: Sanità News


13 Gennaio 2011
- SCOPERTO UN GENE CHE CAUSA IL RIGETTO DEI TESSUTI ANIMALI

Un gruppo di ricercatori dell'Universita' di Padova diretto dal professor Gino Gerosa, direttore della cardiochirurgia, ha messo a punto il primo test al mondo per riconoscere sui tessuti molli degli animali la presenza dell'antigene alfa-gal che, se presente nei tessuti o negli organi trapiantati nell'uomo, e' responsabile di reazione iperacute di rigetto. La ricerca e' stata pubblicata sull'ultimo numero di Acta Biomaterialia. Una volta individuata la presenza dell'antigene alfa-gal, i ricercatori hanno messo a punto una tecnica che permette l'eliminazione dell'antigene da diversi tessuti animali, quali il pericardio o le valvole di maiale, rendendoli cosi' utilizzabili nell'uomo ed evitando il rigetto iperacuto. ''Questa tecnica - sottolinea Gerosa - permette di ottenere tessuti alfa-gal negativi senza dover ricorrere a maiali transgenici, il cui costo e' estremamente elevato, o senza ricorrere al trattamento del tessuto con una sostanza, la glutaraldeide, che annulla la presenza dell'antigene ma non permette la crescita delle cellule del paziente al quale il tessuto, ad esempio valvole cardiache, viene trapiantato.'' Utilizzando le metodiche dell'ingegneria tissutale, questa tecnica - sostengono i ricercatori padovani - potrebbe presto trovare un utilizzo clinico nella creazione di sostituti valvolari cardiaci prodotti con tessuti alfa-gal negativi e ripopolati con le cellule del paziente. Un modo per consentire la creazione di valvole cardiache altamente ''personalizzate''.
Da: Sanità News


REPORT 2010 dell’ATO-MARCHE
      inviato alla Commissione Senatoriale d’inchiesta

-DALLE MARCHE ... ALL’ ITALIA ALCUNI INTERROGATIVI

  • CHE COS’E’ IL TRAPIANTO ,OGGI ?
  • PERCHE’ IL POPOLO DEI TRAPIANTATI SCEGLIE IL DISIMPEGNO?
  • DOVE CONDUCE LA VIA DELL’ UTILITARISMO NELLA DONAZIONE?
  • PERCHE’ NEL SUD I TRAPIANTI SONO ANCORA SCARSI ?
  • PERCHE’ I CENTRI DEL NORD "non delocalizzano" VERSO IL SUD ?
  • PERCHE LASCIARE ANCORA I TRAPIANTI IN MANO ALLE REGIONI?


  • In riassunto
    “LE RISPOSTE DELL’ATO-MARCHE (testo integrale: premi qui)

  • Il trapianto viene proposto come “un’operazione chirurgica ,seguita da una immunosoppressione”. La sola autoreferenzialità medica ha oscurato la componente donativa e spirituale del trapianto .
  • Per i pazienti, il “diritto“ al trapianto è il solo punto di forza,”la raccolta degli organi” è cosa ovvia, come la raccolta quotidiana della spazzatura. In quest’ottica, il trapiantato non sente di impegnarsi, nella nuova vita ritrovata, a diffondere la carità solidale del dono e la speranza per chi è in attesa.
  • Il concetto di donazione che si sta sviluppando rifugge sempre più da una motivazione etico-religiosa e si inclina sul piano dell’utilitarismo: “gli organi non servono più al morto, servono, invece, a noi per il trapianto!”. Su queste premesse le opposizioni alla donazione aumentano, non più per superstizione, ma a causa dell’informazione (sbagliata).
  • Occorre porre la “persona” a fondamento di tutto il processo donazione /trapianto ed integrare effettivamente il Volontariato con i Coordinatori e le Equipes di trapianto.
  • L’anonimato, frutto di un puro razionalismo,oggi interpretato alla lettera, comprime i “sentimenti“ dei familiari dei donatori a cui va data più attenzione con misure concrete.
  • Se i Centri di trapianto sono concentrati nel Centro-Nord per ragioni storiche, è tempo che essi si avvicinino territorialmente ai pazienti,creando loro proprie “succursali”, grazie alla loro eccellenza .
  • L’Italia non può più essere divisa in tre aree interregionali. Una Agenzia unica nazionale (vedi CNT), deve organizzare e dirigere tutto il processo donazione /trapianto ed il personale medico a ciò preposto, sottraendolo, finalmente, ai clientelismi interni delle varie Regioni.


  • 20 Luglio 2010
    - ESEGUITO A PISA IL PRIMO TRAPIANTO DI RENE CON TECNICA ROBOTICA

    Il 3 luglio scorso è stato eseguito, per la prima volta in Europa e per la prima volta al di fuori degli USA, un trapianto di rene con tecnica mini-invasiva all’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana.L'intervento è stato possibile grazie al sistema robotico Da Vinci SHDi di ultima generazione che consente di eseguire operazioni complesse attraverso piccoli fori, gli stessi che consentono, per operazioni più semplici, l’applicazione della tecnica laparoscopica o toracoscopica tradizionale. Il trapianto di rene è stato eseguito attraverso 3 millimetriche incisioni, che hanno consentito di introdurre gli strumenti robotici, a cui si è aggiunta una piccola incisione di circa 5 cm sopra il pube (nella stessa posizione dell’incisione di un taglio cesareo) attraverso la quale è stato introdotto il rene. Il rene è stato donato da una madre di 56 anni alla figlia di 37 anni, affetta da insufficienza renale cronica che rendeva necessaria l’esecuzione di dialisi tre volte alla settimana. Il trapianto è perfettamente riuscito. Le suture che hanno permesso al sangue di tornare a circolare nel rene trapiantato sono state ultimate in circa 50 minuti. Il rene ha ripreso a funzionare istantaneamente rendendo, da subito, la paziente libera dalla dialisi. Il decorso post-operatorio è stato sorprendentemente rapido, essendo stato praticamente privo di dolore. Se non fossero state necessarie le terapie anti-rigetto e gli altri trattamenti farmacologici richiesti nel primo periodo dopo il trapianto, la paziente avrebbe potuto essere dimessa anche dopo sole 48 ore dall’intervento. Il trapianto è stato eseguito dal Prof. Ugo Boggi, Direttore dell’U.O. di Chirurgia Generale e Trapianti nell’Uremico e nel Diabetico.
    Da: Sanità News


    15 Luglio 2010
    - TRAPIANTO DI FEGATO MINI-INVASIVO SU UNA BIMBA DI DIECI MESI

    All’Ismett di Palermo (Istituto Mediterraneo per i Trapianti e le Terapie di Alta Specializzazione) il Prof. Ugo Boggi, direttore dell’U.O. di Chirurgia Generale e Trapianti nell’Uremico e nel Diabetico dell’Aoup-Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana, ha eseguito, per la prima volta in Italia, il prelievo di parte del fegato da donatore vivente con tecnica mini-invasiva. La parte di fegato prelevata da una giovane madre di 20 anni, è stata trapiantata in una bambina di appena 10 mesi di età dall’equipe dell’Ismett guidata dal Prof. Bruno Gridelli e dal Dr. Marco Spada. La bambina era affetta, fin dalla nascita, da una malattia colestatica che era giunta alla fase terminale. Lo straordinario intervento si inquadra nell’ambito di una collaborazione fra Aoup e Ismett per il reciproco scambio di competenze nel settore dei trapianti d’organo da donatore vivente. L’equipe dell’AOUP volata a Palermo per l’intervento era composta anche dalle Infermiere Professionali Federica Ambrosini e Marilise Ibba. L’intervento è riuscito perfettamente, sia per la madre donatrice che per la piccola bambina. E’ la prima volta che un intervento di questo tipo viene realizzato in Italia, ed è già programmata l’esecuzione di altri analoghi presso l’Ismett di Palermo con la partecipazione del Prof. Boggi. Anche altri Centri italiani, attivi nel trapianto epatico tra persone viventi, stanno valutando la possibilità di utilizzare il prelievo laparoscopico con il supporto dei chirurghi dell’ U.O. di Chirurgia Generale e Trapianti nell’Uremico e nel Diabetico dell’AOUP, proprio grazie all’eccellenza raggiunta presso l’Aoup nella chirurgia laparoscopica, nata nel solco della Scuola di Chirurgia creata dal Prof. Franco Mosca. Si consideri che la donazione laparoscopica di rene, eseguita per la prima volta in Italia a Pisa il 27 Aprile 2000, ha consentito di aumentare il numero di trapianti renali da donatore vivente. Permangono enormi margini di miglioramento.
    Da: Sanità News


    10 Giugno 2010
    - AL SAN MATTEO DI PAVIA UN ROBOT PRELEVA IL RENE ATTRAVERSO LA VAGINA

    Un intervento chirurgico innovativo, mai effettuato in precedenza in Italia, e' stato eseguito lo scorso 7 giugno al Policlinico San Matteo di Pavia. Una donna di 48 anni ha donato il rene al proprio figlio di 22 anni in dialisi. L'intervento e' stato effettuato utilizzando il nuovo sistema robotico 'Da Vinci', che prevede l'inserimento del rene all'interno di un sacchetto di plastica protettivo e la sua estrazione attraverso l'apertura naturale rappresentata dalla vagina. "L'invasivita' dell'intervento e' in questo modo ulteriormente ridotta - afferma Andrea Pietrabissa, che ha eseguito l'operazione - e in tal modo l'integrita' fisica del donatore viene maggiormente rispettata, con tempi di guarigione prevedibilmente ancora piu' rapidi". L'intervento e' stato eseguito per la prima volta al mondo circa un anno fa al Johns Hopkins di Baltimora con il quale il San Matteo ha un rapporto di collaborazione.
    Da: Sanità News


    8 Gennaio 2010
    - CENTRO TRAPIANTI DI FEGATO - ANCONA

    E' entrato in funzione l'ambulatorio trapianti al 3° piano - corpo I dell'Az. Ospedali Riuniti di Ancona. La sala di attesa verrà arredata e sarà il punto di riferimento dell'ATO-Marche in ospedale.


    12 Giugno 2009
    - IN SPAGNA IL PRIMO TRAPIANTO DI RENE CON LAPAROSCOPIA

    L Equipe chirurgica ,ooordinata dal Dr. Antonio Rosales del Centro di Urologia della Fondazione Puigvert di Barcellona , ha eseguito per la prima volta al mondo un trapianto di rene con una tecnica che consente di operare solo con incisione addominale di 7 cm ,rispetto ai 20 cm. necessari per la chirurgia tradizionale. Lintervento è durato 4 ore circa e la paziente ha lasciato lospedale dopo 14 gg. dallintervento con funzione renale regolare.
    Da: Sanità News


    31 Maggio 2009
     NUOVO TEST PER LA DIAGNOSI PRECOCE DI INSUFFICIENZA RENALE

    In alcuni paesi d Europa è già disponibile il nuovo di Abbott,basato sul dosaggio della proteina NGAL. Da due a quattro ore ,con anticipo di 46 ore rispetto ai tests convenzionali, è la durata del nuovo test delle analisi delle urine per sapere se è in atto un danno renale acuto, anticamera della Insufficienza renale che ,specialmente negli operati ,può portare a morte un paziente. Il danno Renale acuto (Aki) può verificarsi in seguito a traumi,,setticemia, farmaci nefrotossici e complicanze del diabete. Attualmente il danno renale acuto è rilevato dallinnalzamento della creatinina ma essa permette una precisa diagnosi solo dopo 2-3 gg. dallinsorgenza del danno. La proteina NGAL,invece, è prodotta dai tubuli renali e compare nelle urine appena 2-4 ore dopo linsorgere del danno renale.
    Da: Sanità News


    31 Dicembre 2008
    - CASO ENGLARO

    PRELIEVO DI ORGANI ANCHE DA UNO STATO VEGETATIVO PERMANENTE ?

    Conobbi circa trenta anni fa lanziano Prof. Crosnier, trapiantologo allOspedale Necker. Ricordo ancora le sue parole ed il suo orrore di quando giovane assistente nei primi anni 50 andava alla prigione della Santè a prelevare i reni ai condannati a morte subito dopo la loro esecuzione capitale.Tutto era legale : il Tribunale aveva ordinato la condanna a morte ed aveva pure autorizzato , per utilità pubblica, il prelievo dei loro organi Dopo più di mezzo secolo, questo orrore potrebbe riproporsi di nuovo anche se la condanna a morte per i delinquenti non cè più in Europa : in Italia, per gli innocenti, un certo tipo di condanna a morte può diventare lecita , almeno secondo una recente giurisprudenza, dal momento che coloro che sono in Stato Vegetativo Permanente (SVP) sono ,di fatto, equiparati a chi è in stato di morte cerebrale (MC) a cui viene conseguentemente tolto il collegamento dalle macchine rianimatrici. Questa equiparazione di fatto sembra essere ulteriormente rafforzata se si tiene conto che la recente sentenza giudiziaria dispone che alla paziente in SVP siano staccati i tubicini dellalimentazione e dellidratazione in una struttura sanitaria con adeguato monitoraggio ,proprio di una rianimazione,come avviene per i pazienti comatosi. La rianimazione è il luogo deputato a stabilire la morte cerebrale di una persona che secondo la legge vigente (L.91/99), deve essere segnalata dalla Direzione Sanitaria del presidio medico al locale Coordinamento Regionale, come potenziale donatore di organi. La regolamentazione proposta dalla sentenza di fare le cose  per beninocon tutte le moderne apparecchiature e che diventerà valida anche per i casi futuri,in realtà è una finzione mediatica per nascondere un orrore che durerà più dei pochi minuti dei ghigliottinati francesi e ben oltre le 6 ore di osservazione che la legge italiana impone per i pazienti deceduti naturalmente . Il monitoraggio durerà qualche giorno, forse settimane ma in compenso si potrà organizzare al meglio anche il prelievo degli organi dei pazienti in SVP, con tutti gli esami del caso . Utilizzare organi di persone che si pensa non abbiano più una vita  degna di essere vissuta e di peso per la famiglia o per la società è una idea che è stata già proposta anche in un congresso medico di qualche anno fa, in India, per far fronte alla attuale penuria di organi . Tanto più che i trapianti che oggi,si praticano quando capita, causando molto trambusto nelle strutture sanitarie, potrebbero essere programmati , modulando i tempi di esecuzione delle sentenze emesse dai tribunali per i poveri pazienti in Stato Vegetativo Permanente. Personalmente ritengo ,però, che, se prevarrà la cultura del puro utilitarismo biologico, nei fatti, leffetto per i trapianti , nel tempo, sarà negativo : si avranno meno donazioni e la gente comune si allontanerà dalla cultura della donazione solidale e non sarà più disposta a donare gli organi al prossimo ,liberamente ,per bontà danimo, non avendo più ,da parte della struttura giuridico-sanitaria italiana,la garanzia del rispetto per la vita dellessere umano ,pur se esso giace inerme e muto ai confini della vita.

    Agostino Falcioni - Presidente ATO - Marche (Associazione per i Trapianti di Organi, Cellule e Tessuti delle Marche)


    25 Gennaio 2008
    - TRAPIANTI: IN 6 PAZIENTI LA CHIAVE DELLA FINE DELLE CURE ANTIRIGETTO

    Alcuni Centri di ricerca in Australia ed in USA hanno avviato le ricerche sugli efffetti, ancora sconosciuti,dell'incontro dei sistemi immunitari tra donatore e ricevente.Sembra che l'organo donato abbia la capacità di modificare ,in certe situazioni,il sistema immunitario del ricevente e quindi di liberarlo dalla schiavitù dei farmaci amtirigetto."
    La medicina dei trapianti potrebbe essere a una svolta rivoluzionaria grazie ad una serie di lavori scientifici e ad un evento tanto naturale e sorprendente avvenuto a una giovane paziente, fatti che fanno sperare in un addio alla schiavitù delle terapie antirigetto. Infatti mentre in Australia una quindicenne, ricevuto sei anni prima un trapianto di fegato, ha cambiato gruppo sanguigno e sistema immunitario acquisendo quelli del donatore e potendo così dire addio alle terapie antirigetto, in un esperimento su cinque pazienti che hanno ricevuto un rene non compatibile, David Sachs del Massachusetts General Hospital (MGH) di Boston ha creato nel loro corpo un sistema immunitario 'chimera', parte del donatore, parte del ricevente, consentendo loro di sospendere le terapie antirigetto. Tutti questi rivoluzionari risultati sono stati descritti questa settimana sulla rivista The New England Journal of Medicine. Per i trapianti d'organo ci deve essere compatibilità immunologica tra donatore e ricevente altrimenti le difese immunitarie di quest'ultimo, riconosciuto l'organo estraneo, lo attaccano provocandone il rigetto. Uno dei fattori di compatibilità più importanti è HLA (antigene leucocitario umano). E comunque dopo un trapianto, il paziente deve prendere farmaci anti-rigetto vita natural durante, con tutti gli effetti collaterali che questa terapia comporta. La speranza dei trapiantologi è appunto ideare un metodo di trapianto che esuli il paziente da questa schiavitù. L'idea generale per farlo è che il paziente inglobi, oltre al nuovo organo, anche le difese immunitarie del donatore, eliminando in tutto o in parte le sue che creano il pericolo di rigetto. Ebbene questo evento è avvenuto naturalmente alla giovane australiana che a nove anni aveva ricevuto un fegato nuovo. A quindici, dopo anni di terapia antirigetto, si è sentita male e successivamente a ciò i medici del centro trapianti dell'ospedale pediatrico Westmead di Sidney, si sono accorti dell'evento eccezionale: il suo gruppo sanguigno, zero negativo, era mutato in zero positivo; e non è tutto, la ragazza aveva perso il proprio sistema immunitario ed acquisito uno nuovo, identico a quello del donatore che tanti anni prima le aveva ridato la vita col suo fegato. "E' stato come una seconda chance per la mia vita" ha dichiarato la giovane Demi-Lee B. raccontanto l'evento che è un sogno che si avvera per i trapiantologi. Se quest'evento ha del miracoloso, ecco arrivare la spiegazione della scienza: quel che è successo è che, probabilmente per la giovane età del donatore, ha spiegato il capo dipartimento trapianti Stuart Dorney, le cellule staminali del sangue presenti nell'organo donato sono migrate nel midollo osseo della paziente e quindi hanno 'eradicato' le cellule produttrici del sistema immunitario della giovane e cominciato a produrne di nuove. Risultato: nuovo gruppo sanguigno e nuove difese del corpo che, identiche a quelle del donatore, hanno riconosciuto il fegato e permesso alla ragazza di sospendere le cure antirigetto. Qualcosa di simile è stato ricreato negli esperimenti americani: in questo caso cinque pazienti che non avevano un rene compatibile hanno ricevuto un rene HLA-incompatibile. I medici hanno accoppiato il trapianto di rene con quello di cellule di midollo osseo (le capostipiti del sistema immunitario) del donatore. Così facendo nel sangue dei riceventi si è formato un sistema immunitario 'chimera' fatto delle loro cellule e di quelle dei donatori. In 4 dei 5 pazienti il sistema ha funzionato e le nuove difese immunitarie 'chimera' non hanno attaccato il rene nuovo riconoscendolo come parte del corpo. Da entrambi gli studi viene fuori la stessa idea dall'impatto importantissimo in medicina dei trapianti: un nuovo sistema immunitario 'gemello' di quello del donatore potrebbe permettere al ricevente di dire addio a cure antirigetto.


    Ottobre 2007

    “ Uno studio americano riferisce di aver scoperto 33 geni, legati al fenomeno del rigetto, i quali si comportano in modo differente nei pazienti “tolleranti” ( che non avrebbero bisogno di farmaci antirigetto) da quelli “non tolleranti” che ,sempre minacciati dal rigetto, necessitano per tutta la vita dei farmaci.
    In un prossimo futuro si chiarirà meglio il meccanismo completo per poter individuare subito l’appartenenza ad una delle due categorie ed adeguare la terapia appropriata.
    Da “Proceedings of the National Academy of Sciences
    Le differenze di riuscita dei trapianti di rene con organi da cadaveri a cuore battente ed a cuore fermo,non sono significative. Solo il tempo di ripresa della funzione del rene è più lungo nel trapianto da donatore a cuore fermo.
    Da “ Transplantation” Maggio 2007
    Diminuzione delle donazioni di organi in tutto il territorio italiano in media del 10% nell’anno 1997. Anche nelle Marche si registra un calo significativo delle donazioni e conseguentemente dei trapianti effettuati.
    “Fatti e Cifre CNT” – Maggio 2007